Primavera del 1997.

I Glasgow Rangers stanno cercando un attaccante. Ally Mc Coist, lo straordinario bomber della “metà blu di Glasgow” ha raggiunto ormai le 35 primavere e per l’assalto al titolo (che sarebbe il 10mo consecutivo, record nella storia del calcio scozzese) occorrono forze fresche e gambe più reattive.

Dopo i primi confortanti riscontri del suo staff, Ewan Chester, capo degli osservatori del club, decide di visionare personalmente un attaccante italiano che gli è stato segnalato.

Per farlo sceglie l’incontro tra Perugia e Roma.

Il Perugia, dove gioca l’attaccante sotto osservazione, ha una classifica assai compromessa e sta lottando con le unghie e con i denti per evitare la retrocessione.

Di fronte i giallorossi di Totti e Balbo che al termine di una stagione imprevedibilmente tribolata la salvezza l’hanno raggiunta solo poche settimane prima.

Gli umbri lottano con ardore su ogni pallone.

Ogni contrasto, ogni duello aereo, ogni palla recuperata può diventare fondamentale.

Tutti i calciatori del Perugia ne sono perfettamente consapevoli e il loro impegno è quasi commovente.

Tutti … tranne uno.

Quello che gioca con il numero 18 e che rimane sempre nell’ultimo quarto di campo, apparentemente disinteressato a quanto sta succedendo sul terreno di gioco.

Niente pressing, niente rincorse inutili ai palloni lunghi lanciati dalle retrovie, niente sbattimenti per andare incontro al pallone, per far salire la squadra o fare spazio agli inserimenti dei compagni.

Alla fine dei novanta minuti però sarà lui a fornire il delizioso assist per il primo gol di Milan Rapajc e a segnare il secondo, quello della tranquillità, nel 2 a 0 finale.

In quel match colpirà anche una traversa con una prodezza in acrobazia.

Il Perugia, nonostante i 15 gol in 27 partite del suo bomber retrocederà nella serie cadetta.

Ma quello che ha visto quel giorno Ewan Chester sarà più che sufficiente: MARCO NEGRI è l’uomo perfetto per i Rangers.

Sarà lui il successore di Mc Coist.

Un ragazzo di 26 anni che ha finalmente trovato la consacrazione definitiva dopo anni difficili, con pochi gol all’attivo, giocati spesso in un ruolo non adatto alle sue caratteristiche e forse con la consapevolezza che ormai il suo destino nel calcio sarebbe sempre stato al massimo in qualche buona squadra di provincia.

L’impatto in Scozia di Negri è brusco e spiazza dirigenti e i suoi nuovo compagni di squadra.

Marco Negri è una persona riservata, quasi timida.

Ama stare in famiglia e rifugge le luci dei riflettori, le interviste e i media.

“Lo spirito di squadra si costruisce al pub !”.

Questa è la regola non scritta per qualsiasi squadra del Regno Unito.

Il Rangers di Glasgow non fa eccezione.

Richard Gough e compagni è al pub che si ritrovano regolarmente dopo gli allenamenti, per festeggiare le vittorie della squadra o per “consolarsi” dopo una sconfitta.

E se in quella squadra la stella si chiama PAUL GASCOIGNE questo rito diventa ancora più frequente e accettato.

Marco parla pochissimo.

Negli spogliatoi e con la stampa.

Ma quando si inizia a fare sul serio per lui a parlare sarà qualcos’altro.

23 reti nelle prime 10 giornate di campionato.

Avete letto bene.

In una partita contro il Dundee segnerà tutte e 5 i gol della vittoria dei Rangers.

In questi cinque gol c’è tutto il repertorio possibile di un grande attaccante.

Potenza, acrobazia, tecnica e opportunismo.

Il tutto con la più totale nonchalance … senza nessuna manifestazione di entusiasmo particolare o condita da gesti fuori dall’ordinario.

“Festeggiando questi gol con la stessa gioia di uno che vede schiacciare il proprio gatto dal furgone dei gelati” scriverà il giorno dopo un giornalista scozzese.

Ad Ibrox Park bastano poche settimane per trasformarlo in un mito.

Sostituire Ally Mc Coist sul campo era già di per se un’impresa proibitiva … farlo nel cuore dei tifosi dei Rangers era la classica “mission impossibile”.

Rangers che con Gascoigne e Brian Laudrup ad alimentare l’insaziabile fame di gol di Marco sembrano imbattibili a livello nazionale e potenzialmente in grado di tornare nell’elite del calcio europeo.

Tutto effimero.

Come spesso accade è il destino che decide di rimescolare completamente le carte in tavola.

E tutto finisce, con la stessa velocità con cui era cominciato.

E’ un mercoledì di fine dicembre.

Per la maggior parte delle squadre britanniche se non ci sono partite ufficiali è il giorno libero.

Per Marco Negri e l’amico e compagno di squadra Sergio Porrini è un’usanza che non li convince proprio.

Il tono fisico va mantenuto, sempre.

Mentre i loro compagni di squadra sono probabilmente al pub a godersi il pomeriggio libero da ripetute o pesi in palestra, Marco e Sergio decidono di andarsi a fare una corroborante sudata giocando a Squash.

Porrini adora questo gioco ed è ormai un habitué.

Per Marco è solo la seconda volta.

Ribatte colpo su colpo ma la sua inesperienza fa si che decida di giocare senza gli occhialini di protezione e questa scelta si rivelerà purtroppo fatale.

Una pallina scagliata con forza dall’amico Porrini lo colpirà in pieno all’occhio destro provocando il parziale distacco della retina.

Per qualche giorno si teme addirittura per la vista di Marco.

Non sarà per fortuna così ma la sosta ai box sarà di oltre un mese.

Ci sono ricorrenti mal di testa e a quel punto allenarsi con continuità non è facile.

Tutti ovviamente “bramano” il suo rientro e Marco non si tira certo indietro.

Forza i tempi. Un paio di partite e tutto sembra rientrato nella normalità.

Negri è tornato e ha ripreso a segnare e i Rangers hanno ricominciato a vincere.

Sembra tutto a posto ma il destino non è di questo avviso.

Per il bomber milanese arriva prima una polmonite e poi un brutto infortunio alla schiena con conseguente operazione per rimuovere un’ernia.

Il sogno è durato più o meno 5 mesi.

Il risveglio però è terribile. Come terribile sarà per i Rangers che senza il loro terminale offensivo si vedono soffiare dagli odiati rivali del Celtic il titolo.

Quel 10mo titolo consecutivo che li avrebbe consegnati nella leggenda del calcio scozzese.

Invece non ci sarà nessun trofeo da alzare in quella maledetta stagione … per la prima volta dopo 12 anni.

Nella stagione successiva sulla panchina dei Glasgow Rangers arriva l’olandese Dick Advocaat che, almeno a parole, dice di “voler ripartire da Marco Negri” … salvo poi cambiare idea dopo tre sole partite (senza reti) dell’attaccante italiano.

Negri, già piuttosto chiuso e “umorale” di suo, si defila ulteriormente.

Si parla di diverse liti negli spogliatoi con i compagni di squadra e di una vita sempre più isolata tra le mura domestiche.

Gli attriti con la società diventano nel frattempo scontri veri e propri.

A quel punto non resta che una strada: andarsene dalla Scozia.

Magari in Spagna dove ci sono un paio di club importanti che lo accoglierebbero a braccia aperte.

Bob Murray, il ricchissimo presidente dei Rangers, non lascia spazio a molti discorsi.

“Negri rispetterà il contratto con i Rangers fino in fondo. A costo di farlo giocare nel giardino di casa mia”.

Le scaramucce continuano fino a che Negri viene messo fuori rosa e senza stipendio.

Solo nel gennaio del 1999 arriva la libertà: Negri firma per il Vicenza.

E’ solo un prestito fino al termine della stagione.

I guai fisici però non lo abbandonano e continuano a condizionare pesantemente le sue prestazioni.

Nove incontri e una sola rete.

Poi verranno il ritorno a Bologna, il Cagliari, il Livorno (dove ritrova per un attimo le vecchie sensazioni e la confidenza con il gol) e infine il ritorno, anche se solo per un pugno di partite nella “sua” Perugia.

Umorale si diceva. A volte scorbutico e incostante ma sempre onesto fino in fondo.

Soprattutto con se stesso.

Marco Negri a 35 anni capisce che non è il caso di prendere in giro nessuno.

Appende le scarpe al fatidico chiodo.

La famiglia è sempre stato il suo punto di riferimento assoluto e il calcio torna per un po’ ad essere niente di più che un passatempo da condividere con gli amici.

Per tanti che fanno fatica ad accettare il ritorno ad una vita normale dopo il clamore di un’attività agonistica ad alti livelli c’è anche qualcuno, come Marco Negri, che è anzi felice di tornare ad essere una persona “normale”.

In fondo per lui stare lontano dai riflettori è la cosa più naturale del mondo.

Il suo bagaglio di esperienza e quella sua grande abilità di muoversi in area di rigore sono però un patrimonio che non può essere sprecato.

Marco Negri è stato per due stagioni uno dei preparatori nello staff dell’Udinese.

Una sorta di “coach offensivo” che ha sicuramente tanto da insegnare ai giovani.

Chiuso il rapporto con la società friulana sta vagliando ora diverse offerte. Nel frattempo è tornato a vivere a Bologna, la città nella quale mise per la prima volta in mostra le sue grandi doti realizzative e per la quale Negri non ha mai nascosto il suo grande amore … assolutamente ricambiato dai tifosi felsinei.

ANEDDOTI E CURIOSITA’

Uno dei modelli dal quale Marco Negri ha preso maggior ispirazione è stato sicuramente il grande attaccante argentino Abel Balbo.

Nella stagione 1990-1991 Negri, di ritorno dal non esaltante prestito a Novara, viene inserito nella rosa della prima squadra. Al centro dell’attacco c’è il giovane attaccante argentino arrivato nella stagione precedente dal River Plate.

Balbo è un bomber vero. Che segna in tutti i modi possibili.

La scuola ideale per Negri che dall’anno successivo, in prestito alla Ternana, inizia a segnare i suoi primi gol ufficiali e soprattutto a giocare nel suo ruolo vero … al centro dell’attacco.

La città dove con ogni probabilità Marco Negri è stato amato di più è Perugia. Nel cuore dei tifosi Marco ha rappresentato prima l’uomo capace con i suoi gol di riportare il Perugia in serie A nella stagione 1995-1996 e poi, in quella successiva, di permettere ai tifosi dei “Grifoni” di sperare fino all’ultimo di mantenere la categoria.

33 reti in due stagioni sono un bottino eccellente ma che non bastano a spiegare il profondo legame con la città.

Anche nell’estate scorsa Marco è tornato a Perugia e in Piazza Matteotti si è lasciato abbracciare da migliaia di tifosi, rendendosi disponibile a domande, foto e autografi.

Molto diversa per Marco l’esperienza a Cosenza.

Nonostante il pubblico lo accoglie e lo sostiene con calore i rapporti di Marco in seno alla squadra non sono certo idilliaci.

Il tutto sfugge di mano durante un allenamento durante il quale Negri, sottoposto a “cure” particolarmente assidue in una partitella sbotta e reagisce con veemenza al compagno che lo stava riempiendo di calci.

Da Cosenza deve praticamente scappare.

L’ancora di salvezza arriva da Bologna e dal D.S. Lele Oriali che lo porta nella città felsinea dove anche se deve scendere di una categoria (il Bologna in quella stagione è in C1) riesce come detto a mettere in mostra finalmente tutte le sue qualità.

Quando Ewan Chester, capo degli osservatori dei Rangers rientra dalla sua missione in Italia il report al manager dei “Blues” Walter Smith dice più o meno così.

“Se cerchiamo un attaccante che lotti su ogni pallone, che apra varchi per i compagni, che si sacrifichi in pressing sui difensori avversari … allora è meglio lasciar perdere.

Ma se cerchiamo uno che segni per noi almeno trenta gol a stagione abbiamo trovato l’uomo che fa per noi”.

Il periodo ai Rangers diventa memorabile per diversi aspetti.

Uno di questo per Negri è l’aver diviso partite, allenamenti e spogliatoio con Paul Gascoigne.

Uno degli aneddoti più conosciuti di quel periodo è relativo ad un allenamento.

Mentre i giocatori del Rangers stanno facendo stretching, Gascoigne sta contemporaneamente facendo pipì sulla gamba del compagno più vicino.

Nessuno riesce a trattenere le risate.

… tranne ovviamente la vittima che, accortasi della cosa, inizia inferocito a inseguire Gascoigne per tutto il campo.

Senza riuscirci perché “Gazza” diventava velocissimo in caso di necessità !

Infine la descrizione di un giornalista dell’Herald, uno dei più importanti giornali scozzesi.

“Negri segna con la stessa facilità con cui noi alla sera ci laviamo i denti prima di andare a dormire”.

Questo è Marco Negri. Un attaccante speciale e una persona normale.