A Reggio Emilia siamo matti per il calcio.

Lo so, la cosa può sorprendere molti visto che non abbiamo certo una tradizione di cui vantarci troppo.

Tanta serie C, diversi campionati nella serie cadetta e qualche presenza nella massima serie all’inizio della nostra storia.

Qualche campionato in Serie A lo abbiamo giocato … ma negli anni ’20 quando il calcio era un’altra cosa.

Ma la passione di una città non si misura certo in base ai risultati.

Anzi.

Amare la Reggiana come sappiamo fare noi con tutto quello che abbiamo passato vuol dire proprio che a Reggio il calcio ce l’abbiamo nel sangue.

C’era un cartello anni fa che veniva regolarmente esposto nel nostro Mirabello, il vecchio stadio in centro città.

Ovviamente dedicato alla nostra amata “Regia” e recitava “TI AMEREI ANCHE SE VINCESSI”.

Ecco. In quel cartello ci siamo noi tifosi reggiani.

Per un illecito sportivo mai dimostrato denunciato dal Parma e ratificato da un membro della Lega Calcio sempre proveniente dalla “città aldilà del fiume Enza” ci mandarono addirittura in Quarta serie.

Ci mettemmo tre anni per tornare almeno in Serie C, dopo aver girovagato per i campi di provincia di tutto il Nord Italia.

… e ancora oggi ci chiedono perché non amiamo i parmigiani …

Di andare in Serie A non c’era proprio verso.

Ci andammo vicini tante di quelle volte che credevamo ci fosse una maledizione nei nostri confronti.  Negli anni in cui salivano due squadre dalla B arrivavamo terzi e quando invece ne salivano tre arrivavamo quarti !

Poi nell’estate del 1988 arrivò il nostro profeta. Era un milanese con una lunga e dignitosa carriera alle spalle. Si chiamava Pippo Marchioro.

In realtà era tutto meno che un “profeta”, ma una persona umile, concreta ed estremamente intelligente.

Tornammo subito in Serie B dove rimanemmo tre stagioni sempre piazzandoci nella parte alta della classifica.

Poi arrivò un miracolo.

Ormai non ci speravamo più. Eravamo sicuri che anche in quella stagione sarebbe successo qualcosa che ci avrebbe impedito di conquistare la massima categoria.

Qualunque cosa.

Un infortunio ai nostri migliori calciatori, la malasorte che avrebbe trasformato gol fatti in pali e traverse, arbitraggi “guidati” che avrebbero favorite club più grandi e importanti di noi …

Invece vincemmo il campionato e dopo 64 anni tornavamo in Serie A.

Reggio Emilia era letteralmente impazzita.

Non sono mai stato a Rio de Janeiro per il carnevale ma so per certo che quella sera di primavera dopo la consacrazione matematica a Cesena ce la saremmo giocata almeno alla pari !

E diciamolo pure.

Quello che ci stuzzicava più di tutto era poter affrontare di nuovo i nostri “odiati cugini” che nel frattempo erano diventati una delle formazioni più forti di tutta la Serie A.

Fu un’estate interminabile.

A Reggio non c’era nessuno che non vedesse l’ora che arrivasse la fine di agosto e l’inizio del campionato. E poco importava se voleva dire tornare a scuola, negli uffici o nelle fabbriche.

Voleva dire tornare nel nostro Mirabello a vedere la nostra “Regia” giocare in Serie A.

La squadra era tosta.

Avevamo calciatori di esperienza come Gigi De Agostini, Sgarbossa e Scienza e alcuni giovani davvero bravi come Torrisi e il centravanti Padovano. Tra i pali addirittura il portiere della Nazionale brasiliana Taffarel scambiato proprio con i “cugini” che al suo posto scelsero Luca Bucci, con noi nella stagione precedente, quella della promozione.

Poi arrivò “la notizia”.

Quella a cui inizialmente non voleva credere nessuno.

Paulo Futre aveva firmato per la Reggiana.

Uno che 6 anni prima aveva alzato al cielo la Coppa dei Campioni con il Porto.

Uno che aveva fatto innamorare i tifosi dell’Atletico Madrid regalando loro due Coppe di Spagna.

Uno che era arrivato secondo nella classifica del Pallone d’oro dietro Ruud Gullit.

Uno che quando lo guardavi partire in dribbling ti faceva venire in mente Diego Armando Maradona.

Era tutto vero.

Paulo Futre giocherà nella Reggiana.

E iniziò un altro carnevale.

E’ il 21 novembre del 1993.

Reggio Emilia è paralizzata.

Oggi Paulo Futre farà l’esordio con i nostri colori, quel granata che i nostri fondatori vollero identico a quello del Torino.

Finora è stata durissima.

Non abbiamo ancora vinto una sola delle undici partite giocate finora.

Ma è anche vero che fino adesso nessuno in casa è riuscito a batterci, anche se abbiamo raccolto solo pareggi.

Il nostro Mirabello è una fortezza. Deve esserlo.

E’ l’unica chance che abbiamo per evitare di tornare subito in B.

Mi correggo. Non è l’unica.

Da oggi ne avremo un’altra.

Si chiama Jorge Paulo Dos Santos Futre.

Tutta Reggio Emilia sembra che oggi sia allo stadio.

Il nostro Mirabello ora ha spazio per 15.500 persone.

Se qualcuno mi viene a dire che oggi ce ne sono meno di 20 mila gli do’ del matto.

Bandiere della “Regia” in tutto lo stadio. Ma anche del Portogallo, del Brasile e qualcuna pure della Romania, in onore dell’altro nuovo acquisto, l’attaccante Mateut.

Ci mettiamo 10 minuti scarsi per capire che uno così, a Reggio Emilia, non lo avevamo mai visto.

Nell’uno contro uno è imprendibile, vede il gioco e sa sempre quando è ora di saltare l’uomo o di servire un compagno.

Il primo tempo lo passiamo a cercare un varco nella difesa della Cremonese.

Padovano e Morello si dannano l’anima. Lottano su ogni pallone ma qualche volta si capisce che non sono sulla stessa lunghezza d’onda del portoghese.

Non c’è problema.

Ci sarà tempo per affinare l’intesa.

Nel secondo tempo si attacca nella porta sotto la curva sud, quella della tifoseria più calda di tutto il Mirabello.

E’ passato poco più di un quarto d’ora quando Mateut appoggia un pallone verso Morello. L’attaccante granata sembra in ritardo sul pallone ma con un notevole gesto atletico si allunga in scivolata e riesce a toccare il pallone sul vertice destro dell’area di rigore della Cremonese.

E’ qui che si trova Paulo Futre.

Riceve palla, accelera lasciando sul posto il suo avversario diretto.

Entra in area, finge il tiro mandando “al bar” un altro difensore grigiorosso per poi rientrare sul sinistro.

A quel punto un altro difensore dei lombardi si avventa su di lui per impedirgli la conclusione.

Non fa in tempo. Paulo Futre scarica un sinistro all’angolo basso del portiere della Cremonese Turci.

Non ricordo un momento d’estasi superiore a quello.

Sicuramente non per una partita di calcio.

Avete presente la sensazione di quando il destino, le stelle o Dio si sono improvvisamente ricordati di te e ti fanno il regalo più grande che puoi desiderare in quel preciso momento ?

Ecco, la sensazione era quella.

Paulo Futre a Reggio Emilia.

Esordio e gol.

Mi stavo ancora crogiolando con quei pensieri, con quel “godimento puro” che vedo Paulo ricevere palla sul settore di destra, quello da cui praticamente sono partite tutte le sue azioni e le sue iniziative.

Se la porta avanti con il sinistro, rubando il tempo per l’ennesima volta al suo controllore diretto Pedroni.

Non si sa se è per l’umiliazione dell’ennesimo dribbling subito, se è per gli evidenti limiti calcistici o semplicemente perché pensa che Futre vada fermato, comunque e in ogni modo.

Fatto sta che la sua entrata è brutale, fuori tempo completamente e degna non della serie A ma di un campetto di amatori della domenica mattina.

Per lui arriva il cartellino rosso diretto ma in quel preciso momento ne a me ne agli altri 20 mila presenti importa più di tanto.

Paulo Futre è sul terreno di gioco e sta urlando dal dolore.

Non riesce ad alzarsi e non riesce neppure a sollevare da terra la sua gamba destra.

Si trascina fuori dal campo, strisciando sull’erba del Mirabello.

Non ci vuole un genio per capire che NON E’ un infortunio normale.

La partita riprende. Mateut segna il gol del due a zero che ci regala la prima vittoria in campionato.

Ma non c’è nessuno che riesce a gustarla fino in fondo.

A dieci minuti dal termine si è spenta la luce.

Ora non ci resta che aspettare … sperando che il buio non sia per sempre.

Per Paulo Futre c’è la rottura del tendine rotuleo.

Un anno intero lontano dai campi di calcio.

Quando torna non è più lo stesso giocatore.

Se ne accorgono tutti. Lui per primo.

Quel passo felpato, quel cambio di ritmo o di direzione non ci sono più.

Tecnica, visione di gioco e quel suo magico sinistro sono rimasti quelli di prima.

Ma prima era un fenomeno, ora è “solo” un eccellente giocatore.

Con la Reggiana nella stagione successiva riesce a mettere insieme 12 presenze e 4 gol.

Non sufficienti per evitare la retrocessione dei granata al termine di quella seconda stagione in Serie A.

Al Milan, campione d’Europa in carica, Futre piace parecchio.

Decidono di aggregarlo in una tournèe di fine stagione nell’est asiatico.

Probabilmente aiutato dai ritmi blandi e da partite contro avversari più che abbordabili, Paulo Futre incanta tutti. Il Milan gli offre un contratto.

Bastano però poche settimane per capire che il suo ginocchio, ai ritmi serrati del campionato più bello e difficile del pianeta, non può reggere.

Davanti ha giocatori come Weah, Baggio, Savicevic e Simone.

Giocherà una sola partita, l’ultima di campionato contro la Cremonese, prima di lasciare, ad una manciata di minuti dalla fine, il posto a Roberto Baggio.

In Inghilterra al West Ham, poi il romantico ritorno all’Atletico Madrid e infine una stagione in Giappone.

Niente da fare.

Futre non ce la fa più e a 32 anni è costretto a dire basta.

In Italia non ha lasciato il segno e fuori da Reggio Emilia se lo ricordano in pochi.

Ma provate a chiedere di lui ad un tifoso di calcio portoghese o ad uno dei “Colchoneros” dell’Atletico Madrid … penserete che stiano parlando di Diego Armando Maradona.

Invece parlano di lui, di Paulo Futre.

… quello che forse, al genio di Villa Fiorito, ha assomigliato più di tutti.

ANEDDOTI E CURIOSITA’

All fine della sfortunata esperienza milanista Paulo Futre va in Inghilterra a giocare nel West Ham.

Dopo un buon precampionato arriva la partita d’esordio in campionato contro l’Arsenal.

Le squadre sono negli spogliatoi per prepararsi al match.

Paulo Futre è ovviamente tra i titolari ma si accorge che la maglia con il numero 10 è stato assegnata a John Moncur.

Per lui c’è quella con il numero 16.

“Non se ne parla neppure !” grida inferocito Futre. “O mi date il mio numero 10 o io non scendo in campo” minaccia il fantasista portoghese.

Harry Redknapp, manager degli Hammers, non sa più che pesci pigliare.

“Ok Paulo, oggi giochi con il 16 e dalla prossima partita vediamo di risolvere la cosa” prova a convincerlo il manager inglese.

Niente da fare. Futre si riveste e se ne va.

Due giorni dopo si presenta in sede addirittura con i suoi legali disposto a sborsare 100.000 sterline per avere la “sua” maglia.

“Eusebio aveva il 10, Pelé il 10, Maradona il 10, Zico il 10 e Paulo Futre ha SEMPRE giocato con il 10 !” dirà in quell’incontro il portoghese.

Alla fine le parti riescono a trovare una soluzione.

E’ lo stesso Futre a raccontare che “Moncur era un accanito giocatore di golf. Io avevo una villa ad Algarve nei pressi del più bel campo di golf di tutto il Portogallo. Gli dissi che gliela avrei messa a disposizione ogni volta che voleva … purché mi consegnasse la maglia numero 10”.

Alla fine Moncur accetta … anche se non utilizzerà mai la villa visto che Futre rimase agli Hammers solo per pochi mesi …

Il soggiorno inglese non fu certo fortunato per Futre, costantemente alle prese con infortuni di varia natura, ma il portoghese ha sempre parlato benissimo del suo periodo con gli Hammers.

“Intanto al West Ham non esistevano i ritiri e i ritrovi in Hotel il giorno prima del match. E poi gli allenamenti erano quanto di più divertente mi era capitato in carriera. Harry Redknapp dopo un po’ di stretching e di riscaldamento ci divideva in due squadre: gli inglesi contro gli “stranieri. Erano partite tiratissime e la miglior preparazione possibile alle partite ufficiali”.

Lo stesso Harry Redknapp ammette che “Paulo Futre è tra i 10 forti calciatori che io abbia mai visto in azione. In allenamento a volte ci fermavamo increduli ad ammirare le giocate che era in grado di fare”.

Arrivato allo Sporting Lisbona nel 1984 a soli 11 anni (e con un tragitto quotidiano di due ore dal suo paese natio di Montijo) quando Paulo ha solo diciotto anni, arriva una importante offerta del Porto.

“Allo Sporting mi davano 800 escudos all’anno. Il Porto me ne offriva 9000. Andai dal Presidente e gli dissi che per 6000 escudos sarei rimasto con loro. Mi disse che ero matto a pretendere una cifra del genere. Non mi restava altra scelta che andarmene. Lo feci molto a malincuore perché allo Sporting trascorsi sette anni meravigliosi”.

Al suo arrivo all’Atletico Madrid, nell’estate del 1987, Futre trova sulla panchina dei “Colchoneros” l’argentino Cesar Menotti, l’uomo che meno di dieci anni prima guidò la nazionale biancoceleste al suo primo titolo mondiale.

Dopo un ottimo inizio (“Futre sembra una miniatura del Subbuteo. Non fa a tempo a cadere in terra che si rialza immediatamente. E’ un portento”  dirà di lui il carismatico Mister argentino) la situazione tra i due però non tarda a degenerare.

Futre accusa Menotti di manie di protagonismo e di scarsa onestà nei suoi confronti (“adesso mi mette in panchina, poche settimane fa diceva che più forte del sottoscritto c’era solo Maradona. Un ipocrita ecco cos’è !”) dirà del manager argentino in più di un’intervista.

Altrettanto tagliente la risposta di Menotti. “Futre ? il piede destro di Maradona è meglio dei due di Futre”.

L’ultima parola però la ebbe Futre che nell’Atletico giocò altre cinque stagioni mentre “El Flaco” se ne andò prima della fine di quella Liga.

Al termine della vittoriosa finale con il Porto in Coppa dei Campioni Futre è uno dei calciatori più ambiti di tutto il panorama mondiale.

E mentre il Milan di Berlusconi ha acquistato il giocatore che in quella stagione vincerà il pallone d’oro (Ruud Gullit) il Presidente dell’Inter Pellegrini punta proprio su Paulo Futre (che in quella classifica arriverà secondo per un solo voto) per contrastare i cugini rossoneri.

L’Inter ha raggiunto l’accordo economico con il Porto.

L’affare sembra concluso. Futre s’incontra a Milano con Pellegrini e i suoi procuratori e inizia già a circolare la notizia che il contratto sia stato stipulato.

Quando tutto sembra ormai definito entra in scena il controverso Presidente dell’Atletico Madrid Jesu Gil y Gil.

“Preparate voi il contratto” dirà Gil ai procuratori di Futre. “Io lo firmerò senza cambiare neppure una virgola”.

E così accadde. Nel contratto c’è anche una Porsche fiammante espressamente richiesta dal calciatore portoghese.

Alla mattina Paulo Futre era un calciatore dell’Inter … la sera stessa fu presentato come nuovo acquisto dell’Atletico in un locale di Madrid davanti a cinquemila persone …

Ps: ancora oggi Paulo Futre racconta divertito di quel contratto stipulato con il Presidente Jesus Gil. “Sono stato uno scemo … perché una Porsche ? Avrei dovuto chiedere una Ferrari !!!”