Genialità e pazzia: quanto è sottile il confine ? Quante volte ce lo siamo chiesti parlando di scrittori, musicisti o pittori ? Ebbene, questa è la domanda ricorrente anche quando si parla del “Loco” Renè Houseman.

A vederlo oggi ricorda tantissimo un altro genio maledetto, il grande Chet Baker … Rughe profonde che gli solcano il viso, una testa folta di capelli con un ciuffo perennemente ribelle, gli occhi apparentemente stanchi di uomo di più di sessant’anni  che però, se guardi in profondità, li vedi vivi e sereni come solo quelli che hanno lottato e vinto contro demoni cattivi possono avere.

Anche se da qualche mese deve lottare contro uno di quei “mali” che quando ti attaccano sono difficili da sconfiggere.

Renè Houseman è stata la più grande ala destra nella storia del calcio argentino.

Piccolissimo (165 cm) ma sveltissimo, imprevedibile con le sue finte, i suoi tunnel, i suoi repentini cambi di direzione. Giocava a destra ma se lo mettevi sull’altra fascia alla fine cambiava poco … ti saltava senza pietà, sfornava cross su cross per i fortunati centravanti che hanno giocato con lui. E segnava tanti gol. Le sue statistiche parlano chiaro; nell’Huracan giocò 266 partite segnando 108 gol. Tanti attaccanti puri sarebbero felici di avere questi numeri.

Il primo a credere davvero in lui fu Cesar Menotti. El Flaco di calcio ne ha sempre capito tanto e il talento, quando lo vede, lo riconosce. Lo strappa al Defensores de Belgrano, in serie B e lo butta dentro, a 19 anni, nell’Huracan che El Flaco sta costruendo con la sua idea di calcio, fatto di tecnica, di stile e di coraggio.

Quando lo presenta alla squadra viene Renè viene accolto con grande freddezza.

Non c’è da stupirsi. Sembra un barbone.

“Mister, ma questo dove l’ha trovato ? Sembra un alcolizzato”  dirà qualcuno al “Flaco” Menotti.

“Figlioli, quel ragazzo qua è l’ultima cosa che ci manca prima di diventare imbattibili” è la sentenza del grande allenatore argentino.

Passano poche settimane e Houseman diventa uno dei pilastri di quel meraviglioso team che nel 1973 vince il suo primo trofeo dell’era professionistica nella storia del “Globo”. Con lui ci sono giocatori fantastici, come Brindisi, Babington, Basile, Larrosa e Carrascosa. La squadra gioca un calcio che in Argentina non si vedeva da tempo e Houseman è il chiavistello che scardina tutte le difese. Menotti lo lascia libero di muoversi su tutto il fronte di attacco. In pratica agisce da seconda punta dietro Roque Avallay, il 9 del team. Renè impressiona tutti, i suoi assist e soprattutto le sue giocate sempre imprevedibili accendono la fantasia di tutti i tifosi e non solo del “Globo”. Insieme ai compagni di squadra Babington, Brindisi e Carrascosa entra nei 22 della spedizione ai mondiali di Germania del 1974 dove l’Argentina, pur eliminando gli azzurri nelle qualificazioni, non ottiene quello che probabilmente era nel potenziale del team. Uno dei pochi a salvarsi è proprio Houseman, (che contro l’Italia diede una “bambola” strepitosa al nostro Giacinto Facchetti) segna 3 gol in 6 partite e a differenza dei colleghi sopracitati, rimane sempre nella rosa della Nazionale diventando, con il suo mentore Menotti diventato nel frattempo selezionatore della Nazionale, uno dei punti fermi del team. Però il suo personale demone, l’alcool, è già entrato nella sua vita. Le sue umilissime origini fanno si che Renè non si stacchi mai dal suo quartiere e dagli amici di infanzia a cui, con il cuore enorme che si ritrova, non riesce mai a dire di no, che sia prestando del denaro o partecipando a bisbocce interminabili dove era immancabilmente lui a pagare per tutti. Addirittura si racconta che in un periodo in cui i calciatori erano tutt’altro che ricchi e dove addirittura i Club pagavano a “minutaggio” (più giochi più guadagni) Renè si inventava spesso piccoli infortuni facendosi sostituire a una decina di minuti dalla fine … in modo che anche altri componenti della rosa potessero dividersi qualcosa.

L’Huracan rimane ad alti livelli per diverse stagioni ma anche quando il team inizia una naturale flessione per Renè non se ne parla di lasciare la squadra ! Nel 1981 però, a 28 anni e nel pieno della maturità calcistica ma anche quando i suoi problemi con l’alcool sono ormai noti, arriva l’offerta dei Millionarios del River Plate. Ingaggio decisamente più corposo, possibilità di vincere trofei, giocare regolarmente la Libertadores … tutte cose che al “Loco” Houseman non interessano minimamente ! Gioca un pugno di partite nel River e poi fa ritorno nel suo Huracan. Ma i tempi d’oro sono passati. Le sue prestazioni calano parallelamente al suo sempre maggiore consumo di alcool e alla vita sregolata. Qualche breve esperienza in Cile e addirittura in Sudafrica … ma Houseman, a 31 anni, è ormai un ex-calciatore.

Terminata la carriera calcistica al “Loco” Renè non rimane in tasca un solo pesos.

Da quel momento la sua discesa nell’abisso è inarrestabile. Finisce a dormire sotto i ponti, a chiedere l’elemosina ai semafori … a 50 anni sembra uno di 70. Per fortuna nel 2006 il vecchio amico e compagno di squadra Carlos Babington diventa presidente del Club, si ricorda del vecchio Renè e gli riapre le porte del Club, inserendolo nello staff tecnico e togliendolo letteralmente dalla strada. Stavolta Renè non si lascia scappare l’occasione e rinasce. Ora è facile vederlo ospite in trasmissioni televisive dove la sua onestà e la sua schiettezza sono ammirate e apprezzate da tutti. Chiunque lo incontri o parli con lui è colpito dalla sua umanità, dalla sua semplicità e dalla sua umiltà. “Mi fa bene al cuore pensare che ci sia ancora qualcuno che mi fermi per strada, si ricordi di me e mi parli di qualche mio dribbling o di qualche mio gol. In fondo giocavo solo a calcio e non ho mai saputo fare nient’altro”.

ANEDDOTI E CURIOSITA’

“Solo una volta giocai mentre ero davvero ubriaco. Venivo dalla festa di compleanno di mio figlio e arrivai al campo che quasi non stavo in piedi. Non so quante docce gelate mi costrinsero a fare per cercare di rimettermi in sesto. Alla fine lasciarono a me la decisioni e io risposi che avrei potuto giocare anche su una gamba sola ! Li convinsi, scesi in campo dall’inizio, feci un gol, chiesi il cambio e andai e negli spogliatoi a dormire” (di quella partita e di quel gol esistono immagini che potete vedere in allegato)

“Non ho mai messo via un solo pesos. Quello che avevo lo spendevo, per la mia famiglia, i miei amici o per chi ne avesse bisogno. Quando vedo le persone intorno a me felici cosa me ne faccio del denaro ?”

Quando gli chiedono che progetti ha per il futuro due sono le risposte classiche del “Loco”; la prima è una “broma” (scherzo, battuta) pura: “beh, come vedi mi tengo in forma. Sono ancora magro e scattante … sai, con la penuria di ali in questo momento la Nazionale argentina potrebbe ancora aver bisogno di me !” La seconda riassume in pieno il suo carattere e la sua filosofia di vita: “cosa farò nel futuro ? Hermano, io non so neppure cosa farò appena avrò finito di parlare con te !”.

Houseman ha sempre avuto un grande attaccamento al Barrio dove è cresciuto, el Bajo Belgrano. Nel 1973, nel momento più importante della storia recente del “Globo”, i dirigenti decisero di toglierlo da quel misero quartiere e di allontanarlo dalle “cattive compagnie” di bisboccia e grandi bevute. Così decisero di mettere El Loco in un prestigiosissimo appartamento nel cuore di Parque Patricios, quartiere di lusso di Buenos Aires. Houseman restò qui per la bellezza di 20 giorni, prima di lasciare l’appartamento e tornare fra gli amici del suo Barrio.

Soprattutto agli inizi della sua carriera Houseman ha sempre dovuto sopportare gli insulti di dirigenti e compagni di squadra che gli ricordavano le sue umili origini. “Villero” era il più ricorrente ed è il dispregiativo dato a chi nasce e vive nelle baracche delle periferie, paragonabili alle favelas brasiliane. Alla domanda se questo gli ha mai creato problemi la risposta di Houseman è sempre stata lapidaria “Offendermi ? E perché ? E’ la verità, per cui perché offendermi ? Anzi, ne sono sempre stato orgoglioso”

Houseman fu protagonista di due campionati mondiali con la Nazionale argentina, quello del 1974, deludente, e quello vittorioso del 1978. L’analisi di quelle due squadre è impietosa quando sorprendente.

“Nel 1974 eravamo più forti. C’erano giocatori migliori ma ognuno giocava semplicemente per se, senza preoccuparsi minimamente della squadra e dei compagni. Quella nazionale avrebbe dovuto chiamarsi “DEPORTIVO YO” tanto eravamo impegnati a farci belli singolarmente. Quella del 1978 aveva meno talento ma grazie al lavoro del “Flaco” Menotti eravamo finalmente una squadra e che giocava il calcio che avevamo giocato con l’Huracan.”

Una persona della bontà di Houseman non ha rancori verso nessuno nel mondo del calcio, ma l’unico che il buon Renè non riesce proprio a stimare è Carlos Bilardo, l’allenatore campione del mondo con l’Argentina nel 1986. “Quell’uomo prima ha ucciso il ruolo dell’ala e poi ha ucciso il calcio argentino. Ha vinto è vero, ma quello non era il calcio di questo Paese”.

Quando parla dei due giocatori più forti del suo periodo non ha dubbi; Miguel Angel Brindisi, compagno nell’Huracan e in nazionale. “Sapeva fare tutto. Impostava lui l’azione d’attacco e poi te lo trovavi in area a concludere”. L’altro è Johann Cruyff “Una gazzella. Elegante, imprevedibile e un leader assoluto. Più le cose si mettevano male per la sua squadra, più pretendeva la palla dando l’esempio ai compagni”.

Oggi è uno dei più grandi sostenitori e ammiratori di Leo Messi. E’ di pochissimi mesi fa una sua toccante e lucida lettera aperta in cui parla di Messi, difendendolo a spada tratta e chiudendo la lettera con un perentorio ringraziamento: “Grazie Leo per essere la cosa più bella che io abbia mai visto su un campo di calcio”.

L’argomento più delicato: l’alcool. “Non so quando e neppure perché ho cominciato. So solo che mi piaceva e dopo un po’ le cose sono finite fuori controllo.” “Quando decisi di smettere smisi e basta. 22 giorni in clinica e una volta tornato alla vita normale non ho più toccato un singolo “vasito”. E dopo diciassette anni è ancora così.

E infine la domanda classica; “cosa avresti fatto se non fossi diventato un calciatore ?”

La risposta del “Loco” è fantastica ! “Semplice. Avrei passato il tempo a “mirar miñas” ! (a guardare ragazze giovani e belle)

Questo, signori, è il “Loco Houseman”.

Questo pezzo fu scritto quasi quattro anni fa.

Sono passati più di  due anni da quando questo meraviglioso “folletto”, questo campione indimenticabile, quest’uomo fragile ma dal cuore grande come una montagna ha deciso di togliere il disturbo.

Una vita sempre al massimo e sempre fuori dagli schemi.

Con il suo immancabile bicchiere di vino in mano e una delle sue adorate “Gauloises” fra le labbra.

Due anni senza di te, piccolo grande uomo. Tu che hai saputo divertirti in campo e che hai fatto divertire milioni di tifosi … anche quelli delle squadre contro le quali giocavi.

… perché con te in campo non era MAI una partita “normale”.

Che la terra ti sia lieve meraviglioso, indimenticabile “Loco”.