Poggiano dei Baldovini è un piccolo centro della collina di Parma.

Il cartello segnaletico all’entrata del paese dice che siamo a 517 metri d’altezza sul livello del mare e quello azzurro posto qualche decina di metri prima dice che Parma, capoluogo della provincia, dista 32 chilometri.

A Poggiano ci sono due bar, un negozio di alimentari, una banca, un negozio di elettrodomestici, la farmacia, il negozio di frutta e verdura che fa anche da rivendita giornali, una macelleria e c’è un negozio di ferramenta e giocattoli.

A Poggiano il calcio è una cosa importante.

Il tifo in paese è praticamente diviso fra milanisti e juventini. Tutti gli altri, interisti compresi, sono una striminzita minoranza.

Del Parma, che sta lottando nelle divisioni inferiori del calcio professionistico, non importa quasi a nessuno.

Qualche volta parte una macchina per il Tardini ma senza regolarità o troppo entusiasmo.

Sono diverse invece le puntate a San Siro o al Comunale.

Il gruppo dei più assidui riguarda i tifosi milanisti.

Che non si accontentano di andare semplicemente a tifare per i rossoneri ma che ogni tanto decidono di ravvivare le loro gite milanesi con qualche goliardica invenzione, quasi sempre escogitata da Gigi, l’autentico giullare del paese, sempre in vena di scherzi e battute.

La più popolare e celebrata è quella in cui lo stesso Gigi si veste da capo a piedi da sacerdote e circondato dai fedelissimi Corrado, Antonio ed Ettore si piazza sulle gradinate di San Siro … per poi iniziare un recital di bestemmie dal primo all’ultimo minuto prendendo di mira una volta il povero Calloni, una volta Capello, un’altra volta Maldera o Buriani fino ad arrivare, nelle giornata di maggiore ispirazione, anche ad insultare sua Maestà Gianni Rivera.

Le reazioni dei tifosi intorno sono ovviamente di tutti i tipi.

C’è imbarazzo, c’è chi gli si avvicina chiedendogli di calmarsi, c’è chi inorridisce … ma la maggior parte di loro non fa che sbellicarsi dalle risate per quella scenetta davvero degna di “Amici miei”.

Oggi però, domenica 7 maggio del 1978, a Poggiano è una giornata speciale.

A nessuno è venuto in mente di andare a San Siro o al Comunale.

Anche perché in Serie A si gioca l’ultima partita di un campionato già deciso.

Vittoria alla Juve che ha la meglio su un Torino sempre tosto e sulla rivelazione Lanerossi Vicenza del giovane bomber Paolo Rossi.

E in questa domenica non c’è neppure nessuno che faccia idea di andare a vedere il Parma che gioca in casa una inutile partita con il Grosseto in un campionato dominato dalla Spal.

Oggi il calcio è a Poggiano.

Si perché i gialli della Unione Sportiva Poggese hanno una occasione storica: conquistare la prima promozione alla serie superiore (la Seconda Categoria) per la prima volta nei 14 anni di storia.

Mai si era andati aldilà di un terzo posto (alla terza stagione in categoria, quando però c’erano solo dodici squadre iscritte e non sedici come oggi).

Oggi invece, all’ultima giornata di campionato, la Poggese ci arriva con un secondo posto in classifica ad un solo punto dalla capolista, il Bar Primavera di Parma che, per ironia della sorte, è l’avversario diretto di oggi.

I “parmigiani” (ovvero gli abitanti della città, contrapposti ai parmensi, quelli della provincia o, come nel nostro caso, ai “montanari”) hanno quindi due risultati utili mentre per i padroni di casa l’imperativo è uno solo: vincere e superare così in classifica gli avversari conquistando il primo posto, l’unico che garantisce l’accesso alla Seconda Categoria.

La rappresentativa dei tifosi ospiti è minore del previsto.

Sono una quarantina al massimo. Molti meno del previsto.

Il Bar Primavera è uno dei ritrovi storici del Parma Calcio ma è difficile credere che la partita del Tardini con il Grosseto possa aver attirato tanti tifosi.

Qualcuno dice che “se la sono fatta sotto” e hanno preferito la passeggiata in centro che venire in collina.

Il paese di Poggiano dei Baldovini è invece praticamente tutto al campo.

Ci sono anziani, mamme con i figli piccoli che scorrazzano nel parco giochi sistemato tra la chiesa parrocchiale e il campo di gioco e diversi appassionati dai paesi limitrofi … anche qualcuno che, per rivalità di campanile, è venuto essenzialmente a gufare.

Di sicuro tanta gente al campo parrocchiale di Poggiano non si è mai vista.

Mino, il presidente del Club, è un poggese doc che lasciò il paese da ragazzo pochi anni dopo la fine della guerra con la famose “pezze al culo” per trasferirsi con la famiglia a Milano.

Ora ha un’avviata sartoria a due passi da Corso Buenos Aires … e si mormora (e lui non fa assolutamente nulla per smentirlo) che tra i suoi clienti ci sia perfino Adriano Celentano.

“Oh, Mino !” gli grida Brenno, macellaio e più grande giocatore di bocce della storia di Poggiano “Se oggi si vince alla festa di sabato prossimo prendi su Celentano … e magari anche la Mori che è molto meglio di lui !”.

Il Presidente sorride “Ci provo, ma mi ha già detto che deve portare i figli dai nonni al mare” è la pronta risposta.

Questa effettivamente ci mancava nel campionario di scuse.

La mancata presenza di Celentano in una qualsiasi manifestazione del paese era stata giustificata in passato con:

  1. È in studio di registrazione per il nuovo disco
  2. Sta per partire per una tournèe in Sud America
  3. Ha una serata nel Canton Ticino
  4. E’ alla comunione del figlio di Don Backy

Fino all’ultimo, tristissimo “Hanno operato la madre di tonsille”.

Sabato prossimo infatti, comunque vadano le cose oggi, ci sarà la grande festa di saluto ai tifosi della Poggese e il Presidente ha già garantito che tutto l’incasso sarà utilizzato per la cena a base di torta fritta, salume e fiumi di lambrusco.

Pare che in un momento di euforia alcolica qualche sera prima il Presidente aveva promesso “al 100%” la presenza di Celentano in caso di promozione … che il giorno dopo era già diventata “Beh, se non viene Adriano porto Don Backy di sicuro !” … che è un po’ come sostituire Brigitte Bardot con Anna Mazzamauro …

Manca ormai meno di una mezz’ora alla partita e i calciatori delle rispettive squadre sono in campo per il riscaldamento.

Nella Poggese non ci sono sorprese.

L’undici titolare è sempre quello, una sorta di “Sarti, Burgnich, Facchetti …” del calcio dilettantistico.

In porta c’è Gianni G. detto “Channon” … Channon è in realtà è un attaccante inglese ma che ha le basette delle dimensioni del corpulento portiere locale. Proprio grazie alla sua stazza qualcuno ogni tanto afferma che “più che Gianni sembra Pinotto” ma finora nessuno si è mai azzardato a dirlo in faccia al numero uno locale.

Terzino destro è Gastone S. detto “Erpice”. Esattamente come l’attrezzo agricolo del suo soprannome dove passa raccoglie praticamente tutto. Spiccata preferenza per le caviglie degli avversari.

Terzino sinistro è Alfredo P. Z. detto “Clint”, da Clint Eastwood. Fratello di Andrea “Krol” dice mediamente una decina di parole in più del fratello ma di solito sono per minacciare il suo avversario diretto. Di solito la sua prima “entrata” non è mai sul pallone ma è per valutare il coraggio della avversario … che in ogni caso verrà riempito di calci per tutto il match.

Il mediano è Ferdinando T. detto “Angioletto”. E’, al contrario di Clint, il giocatore più picchiato del calcio dilettantistico parmense. Che per un centrocampista difensivo non è certo il massimo. Corre come un matto per tutti i novanta minuti ma piuttosto di fare un fallo sarebbe disposto a strappare la foto del suo adorato Sandro Mazzola che tiene nel portafogli.

Lo stopper è Andrea P. detto “Krol” o “Buster Keaton”. Il primo soprannome deriva dal fatto che è di almeno due spanne il giocatore più forte della rosa. Potrebbe giocare in ogni ruolo del campo e soprattutto in categorie parecchio superiori alla Terza. Solo che a lui non gliene frega nulla o almeno così pensano tutti visto che è praticamente impossibile sentirlo parlare … da qui il suo secondo soprannome !!!

Libero è Renato B. detto “Gabriel Pontello” in virtù della sua grande … “passione” (su cui non entreremo nei dettagli). Di sicuro, chi lo ha visto sotto la doccia conferma i suoi importanti “argomenti”.

Libero talmente all’antica da far sembrare Giacinto Facchetti un olandese. Tira a tutto quello che si muove dalle sue parti e qualche volta prende anche il pallone che, dopo un suo rinvio, molto difficilmente rimane all’interno del campo di gioco. Nell’uno contro uno è però insuperabile. Il suo motto è “nella mia area entra solo chi dico io”.

Ala destra è Luigino M. detto “Beethoven”. Precocissimo talento con il violino si è poi perso per strada. Pare che le troppe ore di studio abbiano inciso un tantino sulla sua psiche. Grande talento anche con il pallone tra i piedi, specie quando capirà che il calcio è uno sport di squadra. (Pare che conti i “tunnel” fatti durante una partita e che tenga la statistica da quando ha iniziato a giocare).

Mezzala destra è Paolo T. detto “Psycho”. Il ragazzo più buono e tranquillo del mondo che spesso e volentieri nei novanta minuti perde le coordinate e allora diventa una belva. A Poggiano ce ne accorgiamo perché quando succede inizia a roteare gli occhi e a parlare biascicando. Quando arriva quel momento ormai si è soliti fare una telefonata preventiva in ortopedia al Maggiore di Parma …

Centravanti è Marco T. detto “il Killer” dai tifosi locali nei momenti felici e il “Paracarro” in quelli che lo sono meno. La sua mobilità infatti è praticamente nulla. Qualcuno un giorno disse che il nove della Poggese non era “fermo sul terreno di gioco … ce lo avevano avvitato”. Può finire una partita senza versare una goccia di sudore ma … quando “libera” il suo destro sono dolori. La potenza del suo tiro è devastante e riesce praticamente sempre a centrare lo specchio della porta.

Quest’anno ha segnato 21 reti in 25 partite ed è secondo nella classifica marcatori del girone ad un solo gol da Bernuzzi, il temibile bomber del Bar Primavera che però ha giocato tutte e 29 le partite di calendario.

Il regista è Andrea G. detto “Il Professore”. La sua capacità oratoria è infinita. Inizia a parlare dal primo minuto di gioco. Con tutti. Compagni, avversari, arbitro e se non ha soddisfazione perfino con gli spettatori a bordo campo. Il suo livello di autostima è enorme. Una volta sbagliò un calcio di rigore e accusò il portiere avversario di essere scarso in quanto non aveva capito la sua finta … Va detto però che tecnica e visione di gioco sono effettivamente di prim’ordine.

L’ala sinistra è Michele G. detto “Scheggia” o “A prescindere”. Scheggia per la punta di velocità assolutamente pazzesca per questi livelli. Peccato che corra con la testa talmente bassa che non si accorga mai quando finisce il campo … nonostante il cartello che i tifosi poggesi hanno posto ad un metro dalle linea di fondo con la scritta “Sta per finire il campo”. “A prescindere” perché riesce a inserire queste due parole in ogni frase, anche dove obiettivamente non ha alcun senso.

In panchina ci sono con il numero 13 Massimo C. detto anche il “Dottore” visto che è il figlio del medico condotto del paese. Ragazzo d’oro, capace di giocare in più ruoli ma anche quello più disposto ad accettare senza polemiche la panchina. E’ anche uno dei pochissimi a capire tutte le battute del di Mister “Ghiaccio”. Un’altra riserva è Francesco U. attaccante detto “Daniele Piombi” visto che ama presentare ogni manifestazione si svolga nella zona (dalla fiera bovina alle recite scolastiche) o “Lamento” perché nonostante i suoi 190 centimetri per 90 chilogrammi ad ogni contatto fisico in partita finisce regolarmente in terra urlando come un maiale sgozzato. E’ sempre lui, in caso di necessità, il secondo portiere della squadra.

Poi c’è Tullio C., terzino ammirevole per impegno, serietà e abnegazione ma dalle doti tecniche decisamente scarse. Ama farsi chiamare “Gentile” come il terzino destro della sua adorata Juventus ma in squadra è conosciuto come “Malvasia”, per la sua passione per il liquido giallo paglierino che nei week end adora deglutire in quantità industriali.

Infine l’ultima riserva della ristretta “rosa” della Poggese è Roberto G., fratello minore del Professore soprannominato “Romeo Benetti”perché della grinta del centrocampista della Nazionale … non ne ha nemmeno un’ombra ! Pare che non vinca un tackle dall’autunno del 1976. E’ però un altro giocatore importante per la grande umiltà e disponibilità.

Il Mister è Paolo M. detto “Ghiaccio” per la sua incredibile flemma in ogni situazione e la apparente incapacità di provare emozioni. Lavora in banca ed è stimatissimo sia per la sua cultura che per il suo spiccato senso dell’umorismo “inglese” che purtroppo viene apprezzato da pochi intimi.

Anima e cuore della Poggese però è Lello S.

Massaggiatore, dirigente accompagnatore, uomo delle pulizie, segretario e primo amico di tutti i calciatori della rosa.

Nessuno ama la Poggese più di lui e nessuno dedica tanto tempo, energie e passione alla Società quanto lui.

Gli vogliono bene tutti. Milanista fino al midollo ma se gli chiedi se preferisce lo scudetto del Milan o la promozione della Poggese non ha alcuno dubbio al mondo: “Se vinciamo il campionato vado a Fontanellato a piedi !” dichiarò qualche settimana fa dopo la vittoria contro il Basilicanova.

E non c’è nessuno a Poggiano che metta in dubbio la cosa.

Le squadre intanto stanno scendendo in campo.

Vista l’importanza del match oggi c’è la terna arbitrale al completo, cosa decisamente infrequente in Terza Categoria.

Intorno alla rete metallica che divide i tifosi dal campo di gioco ci sono almeno 400 persone.

Il “cuore” della tifoseria della Poggese é posto nel terrapieno sotto al muro del cimitero. E’ lì dove ci sono Renato, Remo, Stefano e compagni ovvero la decina di scatenati adolescenti e riconosciuti “Ultrà” con tamburi e trombette.

Il campo parrocchiale è di dimensioni ridotte. Non arriva a 90 metri di lunghezza e supera di poco i 40 di larghezza. E’ equamente diviso in una metà con erba e l’altra completamente brulla.

Fare “pressing” come richiedono i dettami del calcio olandese diventa la cosa più naturale del mondo in spazi così ristretti.

L’avvio della Poggese è contratto. Enrico Ameri direbbe che “la tensione per la posta in palio è palpabile”. Il Professore ha parlato ininterrottamente per i primi dieci minuti di partita, comprese le due volte in cui è entrato in possesso di palla.

In realtà i centrocampisti di entrambe le squadre hanno svolto finora il compito della “rete in un campo da tennis” visto che la palla è passata costantemente sopra le loro testa senza alcuna possibilità di giocarla.

C’è però un segnale alquanto incoraggiante che non sfugge a Marcello, tifoso storico della Poggese, statistico del club e la cui fama di “tuttologo” ha da tempo varcato i confini del Comune.

“Non capitava dalla terza partita del girone di andata” afferma solenne l’attempato ex-segretario comunale.

Intorno a lui c’è il classico silenzio che anticipa una grande dichiarazione.

“Cioè che Pontello non facesse tre rinvii consecutivi con la palla che è rimasta sul terreno di gioco” è la sentenza di Marcello che immediatamente aggiunge “quel giorno battemmo il Panocchia tre a uno con doppietta del Killer e gol su punizione del Professore”.

L’impatto di questa statistica è immediato.

Tutti quelli intorno a Marcello sono concordi “Allora è proprio l’anno buono !”

Dopo venti minuti di gioco c’è il primo sussulto.

O meglio.

Il primo grosso spavento per i locali.

C’è un lungo cross dalla trequarti  verso l’area di rigore della Poggese. Si sente distintamente il vocione di Gianni “Channon” gridare “miaaaaa”.

Solo che il suo metro e settantadue di altezza per gli ottanta chilogrammi di peso non gli permettono esattamente uno stacco imperioso.

Più in alto delle mani del portiere locale arriva la testa di Bernuzzi, il centravanti ospite e autentico spauracchio della vigilia.

Il suo colpo di testa verso la porta a quel punto sguarnita pare destinato in fondo alla rete quando sulla palla si avventa Gastone “Erpice” che con una spettacolare sforbiciata riesce ad evitare il gol … spedendo il pallone nel sottobosco sul lato nord del campo.

“Per poco non mi scaviccio” è la frase con cui Gastone spiega la sua impresa.

E questo è un altro segnale importante, forse decisivo. Sono in molti a giurare di non aver mai sentito Gastone parlare in italiano prima di quel momento.

Fino ad allora solo e rigorosamente nel dialetto locale.

… anche se nessuno sa bene cosa voglia dire “scaviccio” …

Il Bar Primavera prende coraggio ma Bernuzzi, punto di riferimento assoluto del gioco dei suoi, è controllato in maniera impeccabile da Andrea “Krol”.

Il timore di non farcela sta attanagliando le gambe dei giocatori della Poggese.

Non attanaglia però la lingua del Professore che dall’inizio del match sembra un vigile impazzito, intento a gesticolare verso i compagni e discutendo con l’arbitro ogni singola decisione della terna, rimesse laterali comprese.

Intanto il numero 9 dei locali, Marco il “Killer” sta passeggiando con indolenza dall’inizio del match.

E’ passato meno di un minuto da quando dal pubblico si è levato il grido “portate un asciugamano al nove”. Ora però è il Professore che palla al piede supera la linea mediana. Evita con una finta un avversario, alza la testa e serve un pallone perfetto sui piedi del centravanti locale e compagno di squadra. Il “Killer” è spalle alla porta ad una decina di metri dall’area di rigore avversaria. Il suo stop è perfetto e con il secondo tocco si sposta il pallone mezzo metro sulla sua sinistra per poi lasciar partire un’autentica cannonata di contro balzo.

Il portiere avversario non accenna neppure la parata. Guarda il pallone stamparsi sulla traversa, impennarsi di venti metri buoni e poi finire la sua corsa sul fondo dietro la propria porta.

Il boato di ammirazione è unanime.

Tre dita più in basso e sarebbe stato il gol del vantaggio.

Gli ultras intonano uno dei loro cori preferiti “Il Killer ce l’abbiamo noi, ce l’abbiamo solo noi”.

Si va al riposo sullo zero a zero.

Quando le squadre rientrano sul terreno di gioco sono due le novità.

La prima è che il Bar Primavera ha dovuto sostituire il suo numero 10, il talentuoso Dalla Casa, perdendo così il suo giocatore di maggior classe.

L’altra novità è rappresentata dai nuvoloni neri che hanno coperto il cielo della località della collina parmense.

Quando inizia il secondo tempo i primi goccioloni hanno già iniziato a scendere.

Dopo dieci minuti si scatena un autentico diluvio.

Mentre la Poggese attacca nella metà campo erbosa gli ospiti stanno già affondando nel fango ogni volta che superano la linea mediana del campo.

Quando a metà della ripresa viene concesso alla Poggese un calcio di punizione a circa cinque metri dal vertice destro dell’area di rigore avversaria gli ombrelli hanno già tolto visibilità a gran parte degli spettatori e quando la palla calciata “a giro” dal Professore arriva perfetta sul secondo palo non sono molti a vedere sbucare da dietro Ferdinando “l’Angioletto”, il più piccolino di tutti.

Soprattutto non lo vedono sbucare i difensori del Bar Primavera tutti intenti a marcare i “lunghi” della Poggese a centro area.

Ferdinando impatta la palla con la fronte, schiacciandola sul palo vicino dove il numero uno avversario non può proprio arrivare.

Il pubblico ci mette qualche attimo a realizzare … ma prima le trombette e le urla di Renato & co. e poi gli ombrelli delle prime file che vengono lanciati in aria non lasciano spazio ad equivoci.

E’ il gol del vantaggio.

Il gol che potrebbe voler dire promozione in Seconda Categoria.

I giocatori della Poggese sono tutti addosso al piccolo Ferdinando, abbracciati nel fango dell’area di rigore degli ospiti. Gli sguardi vanno verso la panchina.

Il Presidente corre in campo anche lui, scivola una prima volta, si rialza e poi si lancia nella mischia degli abbracci. Quando si rialza il suo costoso completo di lino beige è diventato marrone scuro.

Mister “Ghiaccio” quasi si scompone.

Quasi.

Mentre Lello lo bacia appassionatamente sulla guancia lui si limita ad alzare un pugno e poi ad applaudire.

Il resto del corpo rimane assolutamente immobile.

Un secondo dopo tutti portano lo sguardo al proprio orologio.

Ventidue minuti alla fine.

Un’eternità.

Il Bar Primavera si riversa in avanti.

Hanno perso il loro uomo più creativo e i loro tentativi di giocare palla a terra sono assolutamente inefficaci su un campo ormai impraticabile.

Il pallone pesa talmente tanto che perfino “Pontello” fatica a spedire la sua solita quota di palloni nel sottobosco aldilà della recinzione.

“Beethoven” ha lasciato il posto al “Dottore”. Non serve più il fioretto. Ora ci vuole la spada e Massimo è ideale.

E’ una battaglia dove però “cuori” grandi come quelli di “Krol”, di “Psycho”, di “Clint”, di “Erpice”, del piccolo “Angioletto” e dello stesso “Pontello” si esaltano.

E poi c’è la velocità di Michele “Scheggia” a tenere in apprensione gli avversari.

Il Professore sale davvero in cattedra.

Si fa dare palla in ogni situazione.

A lui tra i piedi non scotta mai.

La difende, la protegge e guadagna preziosi calci di punizione in serie che alleggeriscono la pressione e fanno scorrere le lancette del cronometro.

Perfino “il Killer” dà una mano in fase difensiva andando un paio di volte in pressing sui difensori avversari.

… non si era mai visto … e tutti sono praticamente certi che non accadrà mai più …

I minuti al termine sono ormai meno di quattro.

La Poggese è sopravvissuta a due punizioni dal limite, a sei calci d’angolo in rapida successione e ad un fuorigioco clamoroso non visto dalla terna arbitrale rimediato solo da un intervento disperato in scivolata di “Psycho”, un guerriero autentico.

Il traguardo è vicino.

Quando un terzino del Bar Primavera lancia l’ennesimo pallone in area la situazione sembra assolutamente sotto controllo. Nel duello aereo tra Bernuzzi e Krol non c’è un vero vincitore.

La palla carambola a pochi metri da loro e sembra destinata fra le mani di Channon.

La palla però appena tocca terra si ferma nel fango un metro fuori dall’area piccola

Pontello allarga le braccia per proteggere l’uscita del compagno … che però è fermo quasi sulla linea di porta.

Quando il libero della Poggese se ne accorge è troppo tardi.

Fra di loro si è già inserito il numero 7 avversario Pelosi che sta per battere a rete.

Il gesto di Pontello è istintivo.

Allunga il braccio sulla spalla dell’avversario che, sbilanciato, manca la palla e finisce dritto nel fango.

C’è un lungo secondo di silenzio che illude i giocatori della Poggese in campo, quelli della panchina e le quasi 400 anime del pubblico.

Poi arriva il fischio dell’arbitro a spegnere quella flebile illusione.

E’ calcio di rigore.

Altro attimo di silenzio, rotto dalle urla del Presidente Mino.

“Noooooo … cazzo noooooooooooo” urla disperato in ginocchio scagliando pugni al terreno che sollevano schizzi di pioggia.

Le proteste sono quasi di rito, ma assai poco convinte.

L’arbitro, impassibile, è con il fischietto in bocca e il dito ad indicare il dischetto.

C’è un problema però.

Del cerchio di gesso bianco da cui calciare il penalty non c’è traccia.

Il fango e la pioggia se lo sono portati via, come gran parte delle linee dell’area di rigore e di quella di porta.

Inizia a quel punto una interminabile discussione su dove si trovi il punto di battuta.

Ci sono almeno due metri di differenza tra le pretese del Bar Primavera e le rimostranze dei giocatori della Poggese.

Qualcuno va a contare i passi dalla linea di porta, qualcuno cerca tracce della linea dei sedici metri e qualcuno si rivolge al pubblico chiedendo una tavella per una misurazione effettiva.

Il più agitato è proprio il rigorista prescelto, il bomber Bernuzzi, che con già il pallone tra le mani, sta discutendo praticamente con tutti.

Nel brusio di voci si eleva distintamente il vocione di Channon.

“Metti il pallone dove cazzo vuoi. Tanto te lo paro”.

Scende improvvisamente il silenzio.

L’arbitro sorride verso Gianni che lo ha tolto da una situazione decisamente imbarazzante.

Bernuzzi posiziona il pallone nel punto che stava indicando dall’inizio … anzi, guadagna pure un’altra manciata di centimetri.

Intanto ha smesso di piovere e nel momento stesso in cui il numero 9 del Bar Primavera sta per prendere la rincorsa esce addirittura un timido raggio di sole.

Il tiro è potente e anche abbastanza angolato.

Ma è a mezza altezza e soprattutto è diretto all’angolo verso il quale si è lanciato “Channon”.

Il pallone viene respinto dal polso destro del portiere della Poggese e sta per tornare sui piedi dell’attaccante avversario, pronto a ribadire in rete.

Su un campo asciutto sarebbe stato così.

Invece stavolta il pallone appena tocca il terreno si ferma in una pozzanghera a meno di un metro da “Channon” che si allunga e un secondo dopo se lo mette al sicuro sotto il suo corpo.

L’urlo sembra quello di quattromila persone, non di quattrocento.

Si coricano tutti con Gianni per abbracciarlo, qualcuno lo bacia sulla testa.

Lui rimane immobile con il pallone stretto fra le braccia.

I tre minuti che rimangono scorrono senza altri patemi.

Quando arriva il triplice fischio dell’arbitro è una bolgia.

Sono tutti in campo. Tutti nel fango. Tifosi compresi.

Tutti tranne “Ghiaccio”, immobile in panchina con la testa fra le mani.

Diversi giocatori vanno verso di lui.

Ha gli occhi sgranati, lo sguardo fisso. E’ evidente che deve ancora “realizzare”.

Ma tutti, tutti quanti corrono verso Lello.

E’ ancora seduto in panchina.

Ha le mani sul volto e sembra che stia guardando il terreno.

Quando alza la testa il suo viso è pieno di lacrime …

EPILOGO

Sabato 13 maggio.

La festa per la promozione è al culmine nella piazza del Municipio di Poggiano dei Baldovini.

Nei dodici lunghi tavoli imbanditi per l’occasione non c’è un solo posto libero. Migliaia di pezzi di torta fritta, chilogrammi di prosciutto crudo, spalla cotta e salame e litri e litri di lambrusco e malvasia sono già stati fatti fuori.

E siamo solo a metà.

C’è tutto il paese.

Ci sono i vecchi, ci sono mamme e papà con i figli piccoli e ci sono ovviamente tutti i protagonisti dell’impresa con mogli e morose.

Il presidente Mino è sul palco appositamente approntato per l’occasione.

“Quando diventai presidente della Poggese quattro anni fa vi avevo promesso che un giorno avremmo vinto il campionato” sono le prime parole del Presidente.

“Quel giorno è arrivato. Cosa volete farci ? Sono uno che le promesse fa di tutto per mantenerle e qualche volta ci riesceanche quelle a cui non credeva nessuno”

Poi si gira verso la porta d’ingresso del municipio.

Dagli altoparlanti in quel preciso momento escono le prime note di una canzone.

Una canzone che conoscono tutti.

Sul palco sale un uomo magro, un po’ stempiato, con un paio di pantaloni a zampa di elefante e una camicia a fiori,

Ha in mano un microfono.

Inizia a cantare.

“Questa è la storia di uno di noi, nato per caso anche lui in via Gluck …”