Quel 27 marzo 1974 a Francoforte, Erich Schaedler coronò il suo sogno. Giocare con la nazionale scozzese, contro la Germania quindi contro le sue origini chiaramente tedesche. Il padre, prigioniero di guerra, era stato un discreto giocatore del Borussia Mönchengladbach, poi si era trasferito in Scozia a Biggar nel Lanarkshire, 30 miglia a sud di Edimburgo.

Quel giorno era tornato in Patria per vedere suo figlio all’opera, titolare per la prima volta con la maglia numero tre. Era orgoglioso di lui e non era l’unico. «Un incrocio tra la leggenda dell’Inter Giacinto Facchetti e il Leone di Lisbona Tommy Gemmell». Così venne presentato ai giocatori più anziani Erich Schaedler dal manager dell’Hibernian Willie McFarlane al momento del suo acquisto dallo Stirling Albion nel 1970. «Anche se ha i piedi un po’ ruvidi, sa fare lanci molto lunghi per gli attaccanti» aggiunse.

Pat Stanton, il capitano, uno degli anziani, ebbe modo di confermare alcune di queste doti «Sicuramente per quanto riguarda i lanci lunghi… su Facchetti e Gemmell magari aspettiamo a dare giudizi …»Era stato proprio lui, il capitano, a fallire il rigore decisivo contro il Leeds, il grande Leeds di Don Revie, nel 1973 in coppa UEFA. Gli Hibs erano stati capaci di inchiodare i più quotati avversari per due volte sullo 0-0, soccombendo solamente ai rigori.

Forse quello era stato il momento più alto nella carriera di Erich Schaedler, che nel frattempo era migliorato dal punto di vista tecnico, grazie ad una grande dedizione negli allenamenti. Anche il campionato 1973-74 si stava concludendo con un ottimo secondo posto alle spalle del Celtic ed Erich era stato notato dal CT della Scozia Ormond che pensava di portarlo ai mondiali, proprio in Germania, come alternativa nel ruolo di terzino sinistro alla leggenda Danny McGrain. Le possibilità di giocare titolare erano nulle, ma già essere nei 22 sarebbe stato un sogno, per lui, orgoglioso di giocare per la sua nazionale, visto che si sentiva profondamente scozzese, aldilà delle proprie origini.

Erich Schaedler

Così l’amichevole con la Germania Ovest di quel 27 marzo fu una prova generale. Giocò tutta la partita, persa come da pronostico 2-1 con reti di Breitner su rigore e Grabowski ai quali rispose Kenny Dalglish. Per lui essere in campo al fianco di mostri sacri come Law, ormai al termine di una gloriosa carriera, costituiva già una grande soddisfazione. Non sapeva ancora che quella sarebbe stata la sua unica presenza in campo. Sarebbe stato tra i 22 convocati per i mondiali, dove non giocò neppure un minuto, ma non lo sarebbe stato mai più.

La carriera proseguì nell’Hibernian, che si era qualificato ancora per la Coppa Uefa, dove venne eliminato dalla Juventus (4-0 e 4-2). Fu in campo in queste due partite, e giocando a sinistra ebbe a che fare con Oscar Damiani, che venne sostituito in entrambe le occasioni, senza segnare gol. Nel 1977 passò al Dundee United, e fece ritorno all’Hibernian nel 1981, dove giocò fino al 1985. Aveva ormai quasi 36 anni, era felice con la moglie. Aveva aperto un pub vicino allo stadio di Easter Road, chiamato Shades. Nel 1984 ha aiutato la polizia a sventare una rapina e forse una strage di un pazzo, entrato nel locale con un fucile. Per questo era stato insignito persino di una onorificenza.

Era molto legato alla zona del Lanarkshire, dove era cresciuto con il fratello John. Appena poteva tornava in quei boschi, dove era cresciuto insieme al fratello John, che gli davano un grande senso di pace.

Poi qualcosa cambiò.

Nel 1985 passò al Dumbarton, con il classico contratto part-time di fine carriera. Poche settimane prima di Natale divorziò dalla moglie.

«Sembrava un po’ giù prima di Natale … ma non ho mai pensato per un minuto che fosse così depresso» raccontò in lacrime un suo compagno di squadra ai giornalisti. Già perché, la vigilia di quel Natale Erich uscì con il fucile, visto che appassionato di caccia, per andare in quei boschi che tanto amava.

Per l’ultima volta.

Fu ritrovato il 27 dicembre nella sua auto, ucciso con un colpo in testa. Suicidio è stata la tesi della polizia che archiviò il caso.

Molti punti oscuri non hanno ancora chiarito la vicenda, a tanti anni di distanza. Colin Leslie, giornalista e tifoso degli Hibs ha scritto un libro “La breve vita e la tragica morte di Erich Schaedler” dove cerca di ricostruire la vicenda.

«Voglio solo sapere la verità e non sento di averla mai avuta completamente» ha dichiarato il fratello John, che ha ricevuto molti anni dopo il “cap” di Erich, il cappellino che viene dato per ogni presenza con la nazionale scozzese. Per un’assurda regola, poi ratificata, spettava solo se il giocatore avesse giocato almeno una partita internazionale in casa.

Tutti gli anni, tra la vigilia di Natale e capodanno, John torna in quei boschi, in una radura che solo lui ed Erich conoscevano, dove giocavano felici da bambini e dove ha disperso le ceneri del fratello.

E’sicuro che lui avrebbe voluto così.

Erich Schaedler