Bertie Felstead, soldato e calciatore, è morto nel 2001 mentre andava per i 107 anni. Se chiedete di Bertie Felstead a un generale rimarrete delusi, perché nessuno parlerà di lui, né si potrà dar loro torto, non essendo il nostro un sagace e geniale stratega come, tanto per fare alcuni nomi, Eugenio di Savoia, Niceforo Focas o Blas de lezo, el medio hombre, il plurimutilato che riuscì però a resistere in qualità di comandante in capo all’assedio che gli inglesi portarono a Cartagena de Las Indias.

Agli albori dello scorso secolo, gli sportivi facevano altro e chi faceva altro era anche sportivo. Il futuro generale Patton, tanto per fare un esempio, partecipò al pentathlon moderno nel 1912 a Stoccolma, alle Olimpiadi nelle quali Jim Thorpe fece dire al re Gustavo: “Lei è il più grande atleta del secolo”.

Patton non arrivò a medaglia per via della sua scarsa perfomance al tiro con la pistola.

A volte i calciatori erano anche intellettuali: è il caso, per esempio, del matematico di vaglia Harald Bohr, fratello del ben più famoso Niels, Nobel per la Fisica, nonché animatore e promotore dell’Interpretazione di Copenhagen.

Harald era anche calciatore della Danimarca, con la quale conquistò un bronzo olimpico a Londra nel 1908.

Ma Bertie Felstead non è stato nulla di tutto ciò: il suo nome è legato al fatto che è stato l’ultimo a morire ad aver giocato una Christmas Truce, una Tregua di Natale.

La guerra di trincea era logorante, subumana, con ragazzi costretti a stare insieme ai topi e ai compagni morti, a cercare di capirsi l’un l’altro.

Provate un po’ a immaginare un dialogo tra un campano e un romagnolo di cento e più anni fa, con gli stessi poi a loro volta a cercare di capire gli ordini impartiti in una lingua per certi versi anche sconosciuta, perlomeno nella tessitura sottile: l’italiano.

Nessuno se la spassava nella guerra di trincea e con il trascorrere dei giorni prese forza e vigore il mal comune mezzo gaudio. Nell’approssimarsi del Natale del 1914, la prima Natività della Grande Guerra, i soldati cominciarono a scambiarsi favori, cose come non aprire il fuoco durante i pasti. La sera della Vigilia, stanchi e distrutti dalla fatica e dal freddo, i tedeschi, forse per infondersi coraggio, cominciarono ad addobbare le postazioni, scambiandosi gli auguri e cantando.

In una trincea qualcuno intonò la canzone Stille nacht, Silent night per gli inglesi.

Fu un po’ come rinvigorire la scintilla dell’umanità che i venti di guerra stavano spegnendo. La crepa nella diga dell’odio si allargò per lasciar fluire emozioni che sembravano dimenticate e perse nell’abbrutimento. Inebriati da questa scarica emotiva, alcuni uscirono dalla trincea e cominciarono ad avanzare allo scoperto sinché, quasi senza volerlo e senza accorgersene, inglesi e tedeschi si ritrovarono ad abbracciarsi nella no man’s land.

Chissà a chi venne l’idea, ma l’indomani, e siamo al 25 dicembre del 1914, inglesi e tedeschi, dopo essersi scambiati whisky, grappa e sigarette come doni natalizi, decisero di sfidarsi a singolar tenzone in una partita di calcio.

Il pallone ovviamente non c’era, ma fu “costruito” legando con lo spago stracci pieni di sabbia. La partita di calcio di Ypres vide per protagonisti le truppe inglesi del reggimento Scottish Seaforth Highlanders e quelle tedesche del Reggimento sassone. Per campo si scelse la noman’s land, la parte di territorio tra due trincee, le porte furono delimitate da pile di cappotti.

La partita ebbe inizio.

Il risultato?

Conta davvero?

Ok, i maestri inglesi le presero per 3-2 e un soldato inglese fu espulso in quanto ritenuto

eccessivamente falloso e duro dai suoi stessi compatrioti.

Pensate un po’!

È comprensibile e scusabile che potesse essere un po’ arrabbiato, non trovate? Questo soldato fu sanzionato con l’obbligo di tagliare i capelli ai soldati tedeschi.

Forse ancora una volta i figli d’Albione sottovalutarono la cosa, così come fecero con lo schooner America nel 1851 (vi dice qualcosa l’America’s Cup?) e con gli Usa ai mondiali del 1950, quando persero per 0-1 e un tabloid inglese, ritenendo la notizia una buotade, se ne uscì con un ormai storico (una fake news ante litteram?) England-Usa 10-1. Questo successe nei pressi di Ypres nel 1914.

Bertie Felstead fu arruolato nel 15 ° battaglione Royal Welsh Fusiliers, che contava 42 battaglioni con ragazzi provenienti in massima parte da zone rurali, e mandato in Francia. Lui giocò la Partita di Natale, la Christmas Truce del 1915 nei pressi di un villaggio di Laventie, nel nord della Francia.

Di questa partita non so il risultato, forse anche perché Bertie Felstead non sapeva giocare, non amava il calcio.

Ma quella partita la giocò, perché lì, nella terra di nessuno, poteva saltare e correre senza paura. La palla non la prese quasi mai, ma non importava.

Lì, nella terra di nessuno, poteva fare quello che gli era negato in trincea: saltare, correre e gridare.

Bertie Felstead almeno per un po’ tornò a essere una persona felice.

Una storia poco sportiva, ma capace di evocare in maniera prepotente il potere salvifico dello sport.

Di partite così ne furono giocate diverse, e naturalmente in luoghi diversi, nei natali del 1914 e 1915.

Dopo il 1915 non ci fu più alcuna tregua, più nessuna partita nella Terra di Nessuno.

La Guerra, il Gioco dei Grandi, aveva morsicato e sbriciolato, con molari aguzzi e antichi quanto il tempo stesso, il residuo d’umanità che albergava nei soldati.

In piena coerenza con lo spirito di questo sito, che intende andare nelle pieghe del calcio per cantare gli eroi perduti, cercando di far luce su storie dimenticate o poco note, devo doverosamente dire che, in realtà, Bertie Felstead non è stato l’ultimo militare ad aver giocato una Tregua di Natale.

Dopo la sua morte nel Luglio del 2001, saltò fuori che era ancora vivo tal Alfred Anderson, che sarebbe poi morto nel 2005 all’età di 109 anni.

A Bertie la gloria, ad Alfred l’oblio.

Cercheremo, con il calcio, di evitare questo errore.