Non è stato affatto facile. A quei tempi se eri un “colored”, come si diceva allora, eri un facile bersaglio per i tanti idioti che frequentavano gli stadi inglesi alla fine degli anni ’70.

Insulti di ogni tipo, dal verso ripetuto della scimmia fino al lancio di noccioline o banane. Allora era di moda urlare il proprio odio nei nostri confronti e quasi vantarsi della propria stupidità di razzisti.

Quando arrivai al West Bromwich Albion, nell’estate del 1977, non eravamo certo in tanti i neri che giocavano in First Division.

C’era Viv Anderson al Nottingham Forest, i due giovanissimi attaccanti Palmer e Bennet al Manchester City, c’era Garry Thompson, anche lui giovanissimo al Coventry e… basta!

Eravamo in due anche noi al WBA: Laurie Cunningham e il sottoscritto mentre l’anno successivo ci raggiunse Brendan Batson.

Ci facevamo coraggio, cercavamo di non sentire gli insulti che arrivavano dagli spalti e continuavamo a ripeterci che presto saremmo stati in tanti a giocare in First Division perché nelle squadre giovanili c’erano sempre più ragazzi di colore… e molti di loro davvero bravi.

Ci dicevamo che nel giro di poco tempo anche il più stupido fra quegli stupidi razzisti avrebbe finito per stancarsi di fare il verso dell’orango ogni volta che entravamo in possesso di palla o che passavamo vicino alle fasce laterali.

Mi raccontava il mio amico Laurie che lui al Leyton Orient, dove militava prima di venire qui al West Brom, non riusciva più neppure a tirare i calci d’angolo tanti erano gli insulti e la roba che gli arrivava addosso.

E qualche volta erano i suoi stessi tifosi…

Nel frattempo si trattava di resistere, di tenere duro provando a fare finta di nulla… e quando la rabbia rischiava di andare fuori controllo c’era solo un modo per non scoppiare: canalizzarla nel modo giusto.

Brendan con un bel tackle, Laurie con uno dei suoi funambolici dribbling e io con una bella zuccata vincente. Quella era la maniera migliore per vedere sul volto di quegli idioti spegnersi il loro sorriso ebete.

Ogni tanto pensavamo ai giocatori di colore del passato, a quello recente come Clyde Best del West Ham o, andando indietro negli anni, Jack Leslie che negli anni ’20 era forse il più forte calciatore di tutto il campionato ma che si vide negare l’esordio in Nazionale solo ed esclusivamente per il colore della sua pelle.

Per loro deve essere stato ancora peggio.

Per nostra fortuna a Ronnie Allen prima e a Ron Atkinson dopo non gliene fregava nulla di che colore avevamo l’epidermide.

«Costruiremo un West Bromwich che lotterà per le prime posizioni della First Division e che andrà a disputare le Coppe Europee. Per arrivare a questo sono pronto anche a mettere in squadra dei marziani VERDI!» continuava a ripeterci Ronnie quando nell’estate del 1977 ci portò a “The Hawthorns”.

E alla fine di quella stagione (nel frattempo era arrivato Ron Atkinson) fu esattamente quello che ottenemmo: un sesto posto finale nella First Division e un posto nella Coppa UEFA della stagione successiva!

Pensavamo di aver raggiunto il massimo. Invece era solo l’inizio. Sono stati anni fantastici quelli.

Nella stagione 1978-1979 arrivammo addirittura terzi in campionato, dietro due squadroni pazzeschi come il Liverpool e il Nottingham Forest.

In Coppa Uefa uscimmo solo ai quarti di finale contro una squadra eccellente come la Stella Rossa di Belgrado.

Nel turno precedente eliminammo il Valencia, che nelle sue file aveva Mario Kempes, fresco protagonista dei Mondiali di Argentina.

Il mio amico Laurie Cunningham aveva già esordito nella Nazionale Under 21. Il primo “colored” nella storia del calcio inglese. E già si parlava del fatto che lui o il sottoscritto avremmo potuto essere i primi dalla pelle scura ad esordire con la Nazionale Inglese.

Invece il primo fu Viv Anderson, il grande terzino del Nottingham Forest, anticipando di qualche mese Cunningham. Io dovetti attendere un po’ di più… ma fui comunque il terzo: quel giorno, il 23 febbraio del 1982, quando entrai a mezz’ora dalla fine al posto di Trevor Francis in una partita del Torneo Interbritannico contro l’Irlanda del Nord, rimane uno dei giorni più belli di tutta la mia carriera.

Cyrille Regis nasce a Maripasoula, nella Guyana Francese, il 9 febbraio 1958.

Il padre lascia la sua terra nel 1962 in cerca di lavoro.

In quel periodo c’è bisogno di braccia robuste soprattutto nell’edilizia e il papà di Cyrille, Robert, ha una struttura fisica forte e robusta.

L’anno successivo ci sono abbastanza soldi e prospettive per farsi raggiungere dalla sua famiglia.

Cyrille si innamora del calcio ma è anche un ragazzo serio e giudizioso. Finita la scuola si guadagna un diploma da elettricista.

Gioca nella squadretta locale, il Molesey, ma la sua bravura arriva ben presto alle orecchie dell’Hayes, squadra semiprofessionistica di quell’area londinese e dalla quale sono passati giocatori come Robin Friday prima di Regis e Les Ferdinand qualche anno dopo.

Ronnie Allen, all’epoca capo degli scout del West Bromwich Albion, lo vede giocare e capisce che in quel fisico scolpito, in quei muscoli esplosivi e in quei piedi con la dinamite c’è molto di più di un elettricista/calciatore part time.

Insiste con la dirigenza per acquistare Cyrille.

Al WBA sono parecchio titubanti: l’Hayes non ha certo intenzione di “mollarlo” gratis.

Ronnie Allen si offre di pagare di tasca sua parte del cartellino e alla fine si trova un accordo: 5.000 sterline sull’unghia e altre 5.000 in base a vari bonus concordati.

Siamo nel maggio del 1977.

Nella stessa estate arriverà dal LeytonOrient un altro ragazzo di colore, dal fisico più esile di Cyrille ma veloce come una gazzella: si chiama Laurie Cunningham.

Laurie e Cyrille formeranno una coppia d’attacco devastante.

Cunningham è velocissimo, salta l’uomo con grande facilità e sa servire palloni d’oro a Regis, che dal canto suo è irresistibile in progressione, ha un tiro potentissimo con entrambi i piedi ed è spaventosamente dotato in elevazione.

Poche settimane dopo il suo arrivo at “The Hawthorns” una svolta importante: Johnny Giles, l’ex grande centrocampista di Leeds United e della Nazionale d’Irlanda e manager del West Bromwich, dopo l’ennesima lite con la dirigenza del Club, rassegna le proprie dimissioni.

L’incarico per la nuova stagione è affidato proprio a Ronnie Allen, l’uomo che aveva “scoperto” Regis e lo aveva voluto a tutti i costi al West Bromwich.

Dopo un esordio con doppietta in una partita di Coppa di Lega contro il Rotheram, Cyrille Regis viene inserito al centro dell’attacco nel quarto turno di campionato, in una partita interna con il Middlesbrough.

Il WBA vincerà per due reti ad uno ed il goal della vittoria sarà segnato proprio da Regis.

Il goal nella partita successiva in trasferta a Newcastle gli farà conquistare definitivamente un posto da titolare in una squadra che presenta tra le proprie fila giovani interessanti e futuri nazionali inglesi quali il già citato Laurie Cunningham, il terzino sinistro Derek Statham e soprattutto il grandissimo Bryan Robson, futura colonna di Manchester United e Nazionale Inglese.

Regis segnerà 10 goal in quella stagione, conclusa come già detto con un eccellente sesto posto e la qualificazione per la Coppa Uefa.

Nella stagione successiva, con Ron Atkinson arrivato sulla panchina del Club della Midlands, il WBA toccherà vette mai più raggiunte nella sua storia recente.

Un terzo posto in campionato e soprattutto prestazioni di livello altissimo trasformano il West Bromwich Albion in una delle squadre più spettacolari di tutta la First Division. La percezione di manager, calciatori e tifosi è che la squadra sia praticamente pronta a lottare per il titolo.

Mancano un paio di innesti e poi Liverpool e Nottingham, i due team più forti del periodo, potrebbero addirittura diventare battibili.

Invece accade l’esatto contrario.

Il WBA non ha le risorse economiche per fare quest’ultimo decisivo salto di qualità; anzi, non solo non può permettersi di acquistare giocatori di valore, ma sarà anche costretto a vendere i suo pezzi più pregiati.

Il primo ad andarsene, nell’estate del 1979, è proprio Laurie Cunningham.

Nientemeno che al Real Madrid, primo calciatore britannico a vestire la prestigiosa maglia dei bianchi del Santiago Bernabeu.

Nel 1981, dopo aver portato il West Bromwich ad un eccellente quarto posto in campionato, ad andarsene sarà il Manager Ron Atkinson, attratto dal prestigio del Manchester United.

Come prima mossa Ron Atkinson “ruberà” al West Bromwich i due centrocampisti centrali titolari, il giovanissimo Remi Moses e addirittura il capitano del Club Bryan Robson.

Ad onor del vero nel caso di Robson la dirigenza proverà in tutti i modi a trattenere il fortissimo centrocampista, offrendogli 1.000 sterline a settimana. Una cifra notevole per l’epoca.

Robson andrà al Manchester United, ma per strapparlo al WBA occoreranno 1.5 milioni di sterline, record assoluto per il trasferimento di un calciatore nel campionato inglese.

A questo punto pare evidente che il West Bromwich Albion sia praticamente in svendita al miglior offerente.

Il giocatore di maggior talento rimasto è proprio Cyrille Regis. Arsenal e Tottenham iniziano un’asta vera e propria per assicurarsi le sue prestazioni.

La dirigenza del WBA, che pare ormai interessata a riempire le casse del Club, si frega ancora le mani. Ma stavolta c’è un problema: Cyrille Regis non ha nessuna intenzione di andarsene.

Anche perché al posto di Ron Atkinson sulla panchina del WBA è tornato il suo mentore, Ronnie Allen e Regis conosce il significato della parola riconoscenza.

Come nelle previsioni la stagione 1981-1982 sarà assai tribolata per il West Bromwich, che lotterà per garantirsi la salvezza fino alle ultime giornate di campionato.

Salvezza in gran parte raggiunta grazie ai 17 goal in campionato segnati da Cyrille Regis che proprio in quella stagione stabilirà il suo record personale di segnature in First Division.

A queste si aggiungeranno le 8 reti segnate nelle due sfortunate cavalcate nelle due Coppe Nazionali, FA CUP e Coppa di Lega, entrambe terminate inopinatamente in semifinale, contro il QPR la prima e contro il Tottenham Hotspurs la seconda.

Sarà proprio durante questa stagione che arriverà il tanto atteso esordio con la Nazionale Inglese.

Regis continuerà a resistere alle lusinghe di squadre più titolate fino all’autunno del 1984.

Il Coventry offre 250.000 sterline e il West Bromwich accetta: l’esplosione di Garry Thompson al centro dell’attacco dei “Baggies” fa ritenere Regis non più necessario.

Sarà un errore gravissimo che il West Bromwich pagherà ad un prezzo altissimo nella stagione successiva, quando il Club retrocederà in Seconda Divisione dopo un campionato chiuso all’ultimo posto e con sole 4 vittorie in 42 incontri di campionato.

Regis al Coventry farà sempre appieno la sua parte e, pur non segnando con la stessa continuità dei suoi anni migliori al WBA, sarà per diverse stagioni titolare inamovibile degli Sky Blues.

E per lui, proprio al Coventry, arriverà il primo ed unico trofeo alzato nella sua quasi ventennale carriera: la FA CUP al termine della stagione 1986-1987, vinta in una delle più belle finali viste a Wembley e che vide trionfare il Coventry per 3 reti a 2 nei confronti del TottenhamHotspurs.

Nel 1991, a 33 anni compiuti, il Coventry ringrazia e saluta Regis. “Free-transfer”: Regis è padrone del suo cartellino e libero di andare a giocare dove vuole.

Sarà un altro team delle Midlands, forse il più prestigioso di tutti, che offrirà a Regis un contratto.

È l’Aston Villa, sulla cui panchina si è seduto il suo vecchio allenatore al West Bromwich, “Big” Ron Atkinson.

«Quando ho saputo che Cyrille Regis era libero non ci ho pensato un secondo! Pensare che volevo chiamare il Coventry per comprarlo!»

Atkinson non si è sbagliato: Regis non ha finito le cartucce.

Il “passo” non è più esplosivo come qualche anno prima, l’elevazione non è più così impressionante, ma è ancora integro fisicamente e soprattutto è un giocatore intelligente.

Diventa il punto di riferimento per i difensori e i centrocampisti dei Villans.

Riesce a “sgonfiare” ogni palla che arriva nei suoi paraggi.

Quando gioca spalle alla porta e si piazza tra palla e difensore non c’è verso di spostarlo.

Finirà la stagione con 39 presenze e 11 goal.

Nessuno al Club farà meglio di lui. Solo il giovanissimo Dwight Yorke riuscirà ad eguagliare il suo score.

Ma quella stagione sarà il suo canto del cigno.

Giocherà ancora qualche stagione, finendo una bellissima carriera a 38 anni nel Chester City, nella quarta serie inglese. Poi tornerà al West Bromwich come collaboratore dello staff tecnico prima di intraprendere la carriera di procuratore sportivo.

Nel 2008 per Cyrille Regis è arrivato uno dei premi più ambiti per un membro della comunità britannica: l’MBE (Member of the Most Excellent Order of the British Empire) consegnatogli direttamente dalla regina non solo per i suoi meriti sportivi ma per il contributo da lui dato all’integrazione nello sport dei tanti atleti delle ex-colonie britanniche e non solo.

Nel gennaio di quest’anno un infarto si è portato via Cyrille Regis.

I tributi ricevuti possono soltanto in parte spiegare l’importanza di questo calciatore nella storia recente del calcio britannico. Un professionista modello; una persona valoriale, umile, riflessiva, di grande spessore umano; un calciatore dalle qualità straordinarie a cui le 5 presenze nella Nazionale maggiore d’Inghilterra non rendono assolutamente giustizia.

RIP Big Man.

 

ANEDDOTI E CURIOSITÀ

Il trio “colored” formato da Regis, Cunningham e Batson alla fine degli anni ’80 in Inghilterra fu ribattezzato da Ron Atkinson“The Three Degrees” prendendo il nome dal famoso trio di cantanti di colore che impazzava in quegli anni e formato da Shirley Porter, Lina Turner e Fayette Pinkney.

In loro onore è imminente a West Bromwich, nel centro della città, l’inaugurazione di una statua in bronzo con protagonisti proprio il trio “Regis-Cunningham-Batson”.

La sua vita non è stata tutta rose e fiori.

«Per un lungo periodo la fama e il denaro mi avevano dato alla testa. Dopo un’infanzia sulla soglia della miseria ora non mi sembrava vero poter fare praticamente quello che volevo.

In questo modo ho distrutto il mio matrimonio. Poi, quando è morto Laurie Cunningham, tutto è entrato in una nuova prospettiva: ho scoperto la religione e la mia vita è tornata sui binari giusti. E questo sicuramente ha contribuito ad allungare anche la mia carriera di calciatore».

Uno dei più grandi ammiratori di Cyrille Regis è stato il grande Johann Cruyff. Pochi sanno che durante la stagione 1986-1987 durante la cavalcata del Coventry verso la FA CUP, Cruyff aveva pensato proprio a Regis come sostituto per Marco Van Basten, destinato al Milan nella stagione successiva.

«Regis aveva una potenza fisica impressionante e un grande carisma. Spingevo i miei dirigenti ad agire subito. Tergiversarono un po’ e quando a maggio Regis vinse la FA CUP e fu uno dei grandi protagonisti di quel successo capimmo che la cifra per averlo sarebbe stata per noi eccessiva».

Cyrille Regis perderà l’amico Laurie Cunningham nel luglio del 1989, vittima di un incidente automobilistico a Madrid mentre era un giocatore del Rayo Vallecano.

«Era il mio migliore amico. Quello che abbiamo condiviso nei pochi anni insieme al West Bromwich va oltre la semplice amicizia. Senza l’aiuto l’uno dell’altro non so se ce l’avremmo fatta a reggere gli abusi che ricevevamo in campo e fuori dal campo dai tifosi avversari in quel periodo».

Pochi giorni prima del suo debutto a Wembley Cyrille è negli spogliatoi con i compagni di squadra del West Bromwich. Ad ognuno di loro vengono consegnate le varie lettere dei fans e dentro una di quelle di Regis c’è un proiettile e un messaggio minaccioso: «Se tu provi a mettere uno dei tuoi piedi neri sul nostro campo di Wembley uno di questi proiettili ti attraverserà le ginocchia».

Regis si fa una grossa risata e una altrettanto grande la strappa a Viv Anderson:«Ehi Viv, tu sei stato il primo e non hai avuto niente, io sono stato il terzo e ho avuto questo!»

Regis conserverà per sempre il proiettile per ricordarsi «cosa abbiamo dovuto passare all’epoca».

Sempre in merito al razzismo di cui lui e i primi calciatori di colore del campionato inglese sono stati vittime Regis ricorda: «Più offese e insulti ricevevo più aumentava la mia rabbia agonistica e più miglioravano le mie prestazioni».

Non va dimenticato che il politico forse più famoso nato proprio a West Bromwich, Peter Griffiths del Partito Conservatore, pare abbia coniato la frase «Se vuoi un negro come vicino di casa allora vota Partito Laburista». Tutto questo negli anni in cui Regis e la sua famiglia erano appena arrivati in Gran Bretagna …

Infine il ricordo di alcuni calciatori del passato e del presente.

Ron Atkinson, il suo manager al West Bromwich prima e all’Aston Villa poi.

«Il più forte attaccante che io abbia mai allenato. In campo era una belva assatanata, che lottava come un indemoniato su ogni pallone; fuori dal terreno di gioco era una delle persone più gentili, disponibili e riflessive che io abbia mai conosciuto. Ricordo come gli insulti e gli abusi che riceveva lo caricassero come una molla. Durante una partita a Leeds fu fischiato e insultato ad ogni tocco di palla: Cyrille segnò due reti fantastiche. A fine partita il pubblico di Elland Road era tutto in piedi ad applaudirlo».

Kenan Malik, il grande scrittore e opinionista indiano cresciuto in Inghilterra in quegli anni, ricorda:

«Cyrille fu un punto di riferimento assoluto per tutti coloro che in quegli anni arrivavano in Inghilterra da altri Paesi. Io ero tifoso del Liverpool e negli anni ’70 il coro più frequente che sentivo ad Anfield e negli altri stadi inglesi era “There ain’t no black in the Union Jack, all the Pakis can fuck off back”.

Spesso me lo cantavano in faccia gli stessi tifosi del Liverpool.

Poi vedevo Regis giocare e sopportare senza battere ciglio ogni tipo di offese e allora mi dicevo:“Beh, se ce la fa lui che è là in mezzo al campo posso farcela anch’io qui in tribuna.”»

Andy Cole, il grande attaccante di Manchester United e Newcastle: «Cyrille Regis era il mio idolo da bambino ed è la principale ragione per cui volevo a tutti i costi diventare un calciatore. Era veramente una persona speciale. Tutti noi gli dobbiamo qualcosa».

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