Tutto cominciò con una partecipazione alle Olimpiadi. La Svezia era forte, quasi fortissima, ma che vincesse nel 1948 a Londra non era assolutamente certo. Anche se in squadra aveva talenti puri, la selezione scandinava non era tra le favorite. In ogni caso, dopo Londra 48 cominciarono tutti a temere gli svedesi, e a visionare i migliori giocatori.

Poi ci fu il Mondiale del 1950, quello del Maracanazo, nel quale la selezione gialloblu si trovò nello stesso girone dell’Italia e del Paraguay. Gli azzurri cedettero di fronte alla superiorità tecnica e fisica dei vichinghi, e si innamorarono di alcuni di quei giocatori. L’Atalanta si portò a casa il bomber Jeppson, mentre a Milano erano già di casa i tre del Milan e sarebbe arrivato a breve il folletto Lennart “Nacka” Skoglund.

E, tradendo le sue tendenze a ricercare campioni nel calcio sudamericano, anche il Genoa si fece affascinare dagli svedesi, e ne portò tre sotto la Lanterna. Uno, Borje Tapper, era uno stagionato e navigato giocatore offensivo che, per problemi fisici più che continui, giocò poco e non lasciò un gran ricordo nei tifosi rossoblu.

Un altro, Bror Mellberg, era un cavallone coraggioso capace di segnare gol incredibili e d’inciampare sul pallone davanti alla porta spalancata, ma era uno che alla fine della partita aveva dato tutto, ed i tifosi lo adoravano per questo.

Poi c’era lui. 

Il talento innato.

Il santo bevitore.

Stellan Nillsson.

Ala sinistra della nazionale svedese, punta di diamante del Malmoe e non certo di una squadretta, era arrivato al Genoa tra i più benevoli commenti e le più grandi aspettative. Ci si aspettava che facesse dimenticare il grande Mario Boyè, che era scappato a metà campionato per tornare in Argentina seguendo i voleri della moglie.

A Genova le malelingue si erano sprecate, ma il ricordo di alcune sue giocate era restato indelebile. Stellan arrivò a Genova accompagnato da due cose: una fama di calciatore talentuoso non indifferente, ed una tendenza alla birra che non era da poco. Ma essendo svedese, era una cosa comprensibile.

Ci mise poco ad innamorarsi del vino italiano e dei locali della zona di Sottoripa, nei quali andava sempre più spesso a cercare rifugio dalle regole dettate dal calcio troppo rumoroso, rigoroso e professionale nel quale si era andato a cacciare, attratto dai soldi.

Molte serate si trasformavano in nottate, alla ricerca dell’ultimo bicchiere, per la disperazione dei tifosi rossoblu che vedevano il giocatore migliore della squadra vagare per il campo come un fantasma. Che poi, ogni tanto, avesse lampi di genio che lasciavano capire perché a Genova l’avessero cercato, era solo una cosa che ai tifosi del Genoa lasciava quel sentore d’amarezza che si ha quando qualcuno del quale ti fidi ti tradisce.

Quell’anno il Genoa lottava terribilmente per non retrocedere, e dei tre svedesi il solo a tenere alta la bandiera era il più grezzo, il meno tecnico, quel Bror Mellberg che avrebbe dovuto rappresentare, agli occhi dei tifosi, niente di più che una discreta comparsa.

Stellan finiva sempre più regolarmente le serate, o meglio, le nottate, ubriaco fradicio. La società cominciava a non poterne più. La squadra era in fondo alla classifica e Stellan continuava le sue bravate. Alla fine del girone d’andata sembrava tutto finito, o quasi, anche se le presenze del vichingo erano continue e desolanti.

Così il Genoa sembrava avviato verso una sicura serie B.

Ma le storie non sono sempre come sembrano.

A volte cambiano di colpo.

Verso il finale di stagione, il Genoa si riprende e insegue una salvezza miracolosa, grazie ai gol di Mellberg, grazie al pubblico che continua a crederci. E grazie anche a qualche magia di Stellan, nelle rare volte nelle quali era in campo come un vichingo deve essere.

All’ultima di campionato Genoa e Padova sono a 27 punti e la Roma a 26. Il Genoa deve andare a Milano. Contro l’Inter di Skoglund e Wilkes, che non ha più niente da chiedere al campionato. Tutti sono convinti che il Genoa vincerà a Milano.

Ma la storia è diversa. I giocatori dell’Inter giocano una partita stile balneare, ma i due stranieri sembrano invasati. Tre gol l’uno, due l’altro. E il sogno di salvarsi, per il Genoa, sfuma, anche a causa delle contemporanee vittorie di Padova e Roma.

Stellan Nillsson resterà ancora un anno nel Genoa, in serie B. Ma non sarà decisivo neanche lì, e il Genoa si piazzerà quinto, tristemente. Poi, lo svedese saluterà la Liguria ed andrà a giocare nell’Angers, in Francia. Di lui a Genova resta il dubbio di quello che poteva essere e non è stato.