Derry e il Derry City: ricordi e ferite di una città che Irvine Welsh definisce una mosca bianca nel panorama dell’Irlanda del Nord

Non parlare di calcio nordirlandese se conosci solo Best. Non parlare di Blues Brothers, se non conosci il Linfield. Non parlare di Derry City se non hai ben presente i Troubles. Già, lo strano caso del Derry City: che gioca nel campionato irlandese e non nella NIFL.

Non parlare a casaccio.
Silenzio.
Non dire se non sai.
Silenzio.
Non scrivere per sentito dire.
Silenzio.

 “…In your head they’re still fightin’ with their tanks, and their bombs and their bombs, and their guns. In your head, in your head they are dying…” Si: è la canzone dei Cranberries che mi risuona nelle orecchie. Il grido disperato di Dolores O’Riordan di fronte alla morte di tante persone per i fatti noti degli anni ‘70 e ancora negli anni ‘90. Cammino. E poi all’improvviso mi esplode in testa il riff martellante della chitarra di The Edge: si, è “Sunday bloody Sunday”. Cammino e immagino la folla di persone in marcia qui su Rossville Street, dove oggi sorge un ristorante italiano. Cammino e immagino giovani adolescenti, colpiti e sanguinanti ad un angolo. Cammino e immagino quel padre che implora un soldato inglese: “Uccidi me, risparmia mio figlio!” E poi il silenzio… dopo il colpo… e nemmeno la forza di urlare per la disperazione… E mentre l’anziano superstite lo racconta, i suoi occhi velati dalle lacrime diventano inespressivi, piccoli, duri: non c’è odio nel suo sguardo, ma muta rassegnazione e una flebile speranza che quelle cose orribili non si ripetano mai più e che magari, un giorno, la sua terra torni un Paese unito. Alle sue spalle: il monumento che ricorda i 14 morti di quella strage.

Fai silenzio: sono fottuti cliché.

È vero, io non c’ero: ho sentito soli il racconto di un vecchio sopravvissuto alle smitragliate britanniche. Cammino fino a quel che rimane del Free Derry Corner (o in lingua originale SaorDhoire), la roccaforte cattolica della città, all’incrocio tra Lecky Road, Rossville Street e Fahan Street, che simbolicamente vive ancora sul muro di una casa distrutta, circondato da murales che ricordano le vittime delle rappresaglie inglesi; immagini che esprimono la loro forza con l’intensità dei colori, quasi in una chiave moderna di espressionismo. È vero: provare a raccontare questa città, è come affondare le mani in una palude senza fondo, tanto lungo e complesso è il discorso. Ma la storia va tramandata, in qualche modo: ed io voglio fare la mia piccola parte. Voglio dirti cosa ho visto oggi, che mi porta a ieri.

Oggi vi racconto del Derry City.

Siamo a Bogside: roccaforte cattolica della protestante Irlanda del Nord. Se chiedi in giro (a Belfast come a Coleraine) cosa preferiscano si dica tra “north Ireland” e “north of Ireland”: tutti ti rispondono che si considerano “irish”, ma i cattolici ti rispondono la prima opzione e i protestanti la seconda; i più anziani potrebbero risponderti che fanno riferimento alla Gran Bretagna e alla Regina (ormai), ma che se dovessero scegliere per qualche motivo: la loro madrepatria è l’Irlanda. Già, la Regina: qui è vista come il fumo negli occhi. Immagino che da queste parti le risposte sarebbero un po’ diverse: non c’è bisogno nemmeno di chiedere. E a Bogside, dove si trova lo stadio del Derry City, a metà anni ‘80, hanno dovuto forzatamente scegliere di cambiare lega calcistica. Cos’hanno combinato? Ogni partita era praticamente una guerra: in campo e fuori. Il casus belli si verificò il 12 settembre 1971: siamo al Brandywell, il loro stadio, quasi romanticamente caratteristico per la collina alle spalle su cui sorge un cimitero e dagli spalti si intravedono le lapidi. Accade che qui viene in trasferta il Ballymena United: e gli scontri culminano col pullman dei tifosi ospiti incendiato e ridotto a cenere e lamiere. È la goccia che fa traboccare il vaso: le squadre della Irish Football Association si rifiutano di venire ancora a giocare qui. Perfino il Linfield: gigante locale, con tifoseria lealista e settaria, si oppone fermamente. La decisione presa dai vertici federali fu quindi di obbligare le candystripes (così soprannominati i biancorossi) ad andare a giocare le partite in casa allo Showground di Coleraine, a circa 50km di distanza.

derry

E dire che erano anche bravi: negli ultimi anni avevano conquistato uno scudetto e tre coppe nazionali. E ora i sogni di gloria vengono duramente colpiti, togliendo loro la possibilità di giocare tra le mura amiche: un esilio durato poi circa 15 anni. Poi basta, non ce la fanno più: non vogliono più. Gli altri non li vogliono più. E si ritirano dal campionato.  Abbandonati e soli, devono contare solo su sé stessi. Ma non si sono arresi ai proiettili: figurarsi ora. Non sarà l’odio che li circonda a fermare i loro sogni: né dentro, né fuori dal campo. E chiedono, con forza, l’adesione alla Lega irlandese, ottenendola. Ripartono dal basso e risalgono posizioni. Tornano alla vittoria, conquistando l’unico treble nella storia di quel campionato: è la stagione 1988/’89 e fanno loro scudetto, FAI Cup e League of Ireland Cup. Assaporano le agognate e prestigiose luci della ribalta dell’Europa che conta: la partita col Benfica è una festa, nonostante il risultato.

Il resto è storia recente, tra alti e bassi (anche sull’orlo del fallimento). Siamo a Bogside: sono gente che non molla. Mai. Abituata a resistere e lottare. “Per noi il calcio, in realtà, è un contorno del settarismo… Derry non dimentica. Derry non dimenticherà mai. Non può… Lo deve alla sua gente. Ai suoi figli. Si narra che se qualcuno ancora ha la brillante idea di chinarsi per terra per accarezzare con due dita l’asfalto, queste si colorano di rosso. Rosso come il sangue di quel giorno. Dei suoi abitanti… Voi non potete capire: non si scappa da Derry.” scrive Irvine Welsh, nel dialogo tra un tifoso locale e Mark Renton.

Torno indietro. Cammino su Shipquay Street: un arcobaleno colora il cielo grigio sopra il suggestivo Guildhall e il Peace Bridge. E capisco che le ferite di questa città non si chiuderanno mai davvero: troppo è impregnata l’aria dei fantasmi di un passato mai dimenticato… Quella che si respira è speranza dal retrogusto amaro. C’è una sorta di elettricità che pervade le mura. Cammino e non posso che sentire tutto questo. Mi fermo a guardare questo spettacolo della natura su questa cittadina così bella. Ho degli strani brividi addosso: forse è il vento che soffia sulla città e spazza via le nuvole. Forse… Benvenuti a Derry, not Londonderry.

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