“Una volta che insieme avremo scelto a chi affidare le redini della prima squadra io sarò ben felice di tornare ad occuparmi del settore giovanile, con l’obiettivo di far crescere una nuova generazione di calciatori per il nostro amato Celtic Football Club”.

No, non è la storia di Brian Clough e dei suoi turbolenti giorni ad Elland Road.
Ma per quanto possa sembrare incredibile è esattamente il periodo trascorso nel Club del West Yorkshire da uno dei più grandi allenatori che il calcio britannico abbia mai conosciuto.
44 giorni.

Jock Stein, l’uomo che portò il Celtic Glasgow sul tetto d’Europa (prima squadra britannica a riuscire nell’impresa) nella finale di Lisbona contro l’Inter di Helenio Herrera, arriva ad Elland Road a sostituire Jimmy Armfield nell’agosto del 1978.

Quel Jimmy Armfield che subentrò proprio a Brian Clough nei primissimi giorni dell’ottobre del 1974 e che al termine di quella stagione riuscì nell’impresa di portare il Leeds United fino alla finale della Coppa dei Campioni persa a Parigi nel maggio del 1975 in uno dei più grandi furti della storia del calcio moderno.

Le due successive stagioni però non sono all’altezza delle aspettative di un Club come il Leeds United che veniva da quasi un decennio di trionfi in serie (e di sconfitte all’ultimo ostacolo !) sotto la guida del controverso ma indiscutibilmente capace Don Revie.
Manny Cussins, il vulcanico presidente del Leeds, non può accettare che il suo Club possa recitare una parte da comprimario.
Inizia a sondare il mercato.
Vuole un manager di nome e ambizioso, un vincente.

Ma un manager di esperienza che sappia gestire lo spogliatoio senza imporre il suo “ego” smisurato come, secondo Cussins, aveva tentato di fare Brian Clough.
I nomi su cui puntare non sono tanti. Per un po’ si parla di Bobby Robson, il talentuoso manager capace di mettere l’Ipswich Town nella mappa del calcio inglese ma non se ne fa nulla e successivamente di Lawrie Mc Menemy, altro manager emergente che ha appena riportato il Southampton nell’elite del calcio inglese
Poi accade qualcosa di completamente inaspettato.

Jock Stein, il grandissimo manager del Celtic che per quasi tre lustri aveva condotto gli “Hoops” di Glasgow ad una serie ininterrotta di successi, dopo una stagione non eccezionale ma che poteva essere tranquillamente considerata “di transizione” viene convinto a lasciare la panchina.
Attenzione: non “licenziato” (come si fa a licenziare un’icona ?) ma “accompagnato” ad occuparsi d’altro all’interno del club.

Stein è convinto che ci sia per lui un posto da “Direttore Tecnico” o da “Supervisore” visto che proprio a lui è stato chiesto di nominare il suo successore.
A questo punto è lui ad anticipare il Club con una proposta quasi commovente durante un Consiglio di Amministrazione del Club.
“Una volta che insieme avremo scelto a chi affidare le redini della prima squadra io sarò ben felice di tornare ad occuparmi del settore giovanile, con l’obiettivo di far crescere una nuova generazione di calciatori per il nostro amato Celtic Football Club”.

Queste le parole del miglior manager scozzese in attività.
In pratica una dichiarazione d’amore e di fedeltà al “suo” Celtic fatta da un Manager che il 95% delle altre squadre britanniche farebbe carte false per avere sulla propria panchina.
Quelle che accade però supera ogni possibile immaginazione ed è la dimostrazione inequivocabile che la parola “riconoscenza” nel calcio ha un valore quanto mai discutibile.
Al Presidente del Celtic Desmond White non è sufficiente.

“Lo staff tecnico è composto praticamente dalle stesse persone che 11 anni fa guidarono il Celtic a Lisbona nel giorno più glorioso della nostra storia. E’ ora di iniziare un nuovo capitolo” queste più o meno le parole di White.
Il cambiamento deve essere radicale e così subito dopo che la scelta del nuovo Manager è ricaduta sull’ex-capitano del trionfo di Lisbona di otto anni prima, Billy McNeill, a lui, a Jock Stein, viene offerto l’incarico di “Direttore Esecutivo del Club“. Titolo roboante ma che alla fine vuol dire che sarà nientemeno che l’organizzatore delle serate pubbliche del Club” … L’uomo in pratica addetto a programmare i Bingo, le cene, le scommesse di gruppo e le serate danzanti.

… difficile immaginare qualcosa di più umiliante.
Tutto questo dopo che solo la stagione precedente il Celtic aveva vinto il decimo “double” (Campionato e Coppa della sua storia).
La notizia è scioccante per tutto il mondo del calcio.
Stein medita addirittura di ritirarsi.
Gli viene perfino organizzata la classica “partita d’addio” con l’incasso del match in gran parte a lui devoluto come definitivo “fondo pensionistico”.

Quel match viene organizzato contro il Liverpool, allenato da un altro scozzese, Bob Paisley.
Paisley, di tre anni più anziano di Stein, convince l’amico e compatriota a non mollare.
“Il calcio ha bisogno di uno come te” sono le parole di Paisley che poi ricorda come il suo mentore, Bill Shankly, finì alla fine per morire di crepacuore per aver abbandonato il calcio e i suoi “amati” Reds troppo in anticipo.
Stein non fa neanche in tempo a ragionarci sopra che arriva la telefonata di Manny Cussins.
“Mr. Stein, sarebbe un onore per noi averla qui all’Elland Road” gli dice Cussins al telefono aggiungendo un quanto mai confortante “e i soldi sono l’ultimo dei nostri problemi”.

E così il 21 agosto del 1978 Jock Stein firma un contratto per il Leeds United.
La squadra non è certo più ai livelli di qualche stagione prima ma qualche giovane promettente nella rosa c’è (il difensore Paul Hart, il centrocampista Tony Currie e l’ala Arthur Graham) oltre a qualche vecchietto ancora capace di fare la propria parte come Paul Madeley, come Eddie Gray o come Peter Lorimer e soprattutto c’è tanto denaro a disposizione per iniziare quell’opera di rinnovamento che chiede Cussins a Stein.

Quando Stein si siede sulla panchina del Leeds la stagione è già iniziata. Il Leeds ha strappato un pareggio ad Highbury contro l’Arsenal ma l’esordio di Stein il 23 agosto contro il Manchester United non è fortunato. Il Leeds perde in casa per tre reti a due contro gli acerrimi rivali ma nelle due successive partite arrivano due nette affermazioni, entrambe per tre reti a zero contro Wolverhampton e Chelsea.

I risultati continuano in maniera altalenante ma il fedele pubblico di Elland Road ha fiducia, così come ce l’ha Manny Cussins e ce l’hanno i giocatori, quasi spiazzati dall’approccio paziente ed equilibrato di Stein.
Poi però accade qualcosa.
Il 20 settembre di quel 1978 la Scozia inizia il suo cammino di qualificazione verso gli Europei che si giocheranno in Italia nell’estate del 1980.

Incredibilmente al timone della Nazionale scozzese c’è ancora lui, Ally MacLeod, l’uomo che pochi mesi prima promise addirittura di portare il trofeo di Campione del Mondo in Scozia dall’Argentina … salvo poi uscire al primo turno dopo aver perso contro il Perù e pareggiato contro l’Iran …
La sconfitta in Austria in questa prima partita è però la classica goccia che fa traboccare il vaso. MacLeod viene esonerato e a quel punto la panchina scozzese è vacante.
Non c’è uno scozzese più scozzese di Jock Stein.

Lui è nato a Burnbank, un villaggio minerario del Lancashire del Sud.
E in miniera da ragazzo c’è andato anche lui, come ci andarono anche Billy Shankly e Matt Busby.
I tre più grandi manager della storia del calcio scozzese … prima che arrivasse Sir Alex Ferguson a continuare la tradizione e probabilmente a riscriverla.
E poi ha qualche sassolino nelle scarpe da togliersi.

Si, perché lui l’allenatore della Nazionale scozzese lo aveva già fatto.
Per un breve periodo, nel 1965, gli fu affidata la guida della Nazionale con l’obiettivo di qualificarla per i Mondiali inglesi del 1966.
Sorteggiati nello stesso girone degli azzurri la Scozia non riuscì nell’impresa e Jock Stein iniziò di fatto la sua carriera al Celtic di Glasgow.

… la panchina della Nazionale scozzese …
Non è uno dei nomi a cui si pensa in quel momento anche perché si è appena seduto su una nuova e prestigiosa panchina.
Ma Stein VUOLE quel posto.
Si “lavora” a dovere un paio di giornalisti, soprattutto quel Archie MacPherson che poi diventerà il suo biografo ufficiale.

“Lascia intendere che potrei essere interessato al posto di allenatore della Nazionale. Non dire che te l’ho detto io. Digli solo che secondo te sarebbe fattibile” gli sussurra in un orecchio Stein.
MacPherson lascia filtrare la notizia non al tavolo di un pub davanti ai responsabili della Federazione scozzese … ma lo fa in tv, durante la telecronaca di una partita visto che lui fa il commentatore per la BBC.
I tifosi scozzesi impazziscono letteralmente alla notizia !

“Stein for Scotland” è il grido che si leva dappertutto nella meravigliosa terra che fu di Robert Bruce.
Per la Federazione scozzese la lista dei papabili si riduce ad un nome: quello di Jock Stein.
Manny Cussins non ci sta. Quello che ha visto nel periodo del manager scozzese al club gli è piaciuto. La squadra lo segue, il popolo di Elland Road ha ripreso fiducia e i risultati, pur non strepitosi, sono significativi di un miglioramento che è già in atto.

“Dite a MacPherson che la smetta di fare voli pindarici e di illudere la gente di Scozia” strepita Manny Cussins durante un programma radiofonico.
“Stein è il nostro allenatore e lo sarà per tanto tanto tempo a venire”.
Non sarà così.

Stein non solo vuol quel posto a tutti a costi, ma non ha ancora firmato il contratto di tre anni proposto dal Club e che, fino a quel momento, è solo un “gentlemen agreement”.
La realtà è che Jock Stein non si è mai realmente integrato a Leeds.
La moglie dopo un paio di settimane ha fatto il suo ritorno in Scozia ed è comunque quella la sua terra e il posto dove Jock Stein intende vivere e lavorare.
Cussins ci prova fino all’ultimo.

Mette sul tavolo 35 mila sterline in contanti come “premio a restare” e una lussuosa villa sulle colline che sovrastano Elland Road.
Non c’è nulla da fare.
Jock Stein lascerà la panchina del Leeds il 4 di ottobre, pochi giorni dopo una splendida vittoria casalinga contro il Birmingham e soprattutto … 44 giorni dopo il suo arrivo.
La sua Scozia lo sta aspettando a braccia aperte.

ANEDDOTI E CURIOSITA’

Jock Stein, il più grande allenatore nella storia del Celtic era PROTESTANTE. Pare che fu anche per questo motivo che il Presidente del Celtic Bob Kelly all’inizio fu molto restio nell’offrire il posto di manager a Stein. Dopo gli eccellenti risultati ottenuti con l’Hibernian a Stein arrivò una allettante proposta dal Wolverhampton per sostituire il grande Stan Cullis e diventare nuovo manager dei Wolves. Fu proprio Stein ad informare Kelly di questa proposta dicendogli però che lui avrebbe preferito diventare manager del Celtic, anche ad un ingaggio inferiore a quello proposto dal club inglese.

Kelly gli offrì prima quello di “Assistente” del manager irlandese Sean Fallon e al rifiuto di Stein quello di “Collaboratore alla pari” con Fallon.
Jock Stein rifiutò entrambe le offerte e solo quando si apprestò a firmare con il Wolverhampton arrivò da Kelly la tanto attesa offerta di Manager del Celtic F.C.
Era il marzo del 1965.

Alla sua prima stagione intera in carica, quella successiva del 1965-1966 Jock Stein aveva già trasformato il team.
Un solo acquisto importante, quello del bomber Joe McBride dal Motherwell, ma tanti ragazzi che aveva allenato anni prima nelle giovanili promossi in prima squadra tra cui anche Billy Mc Neill che diventerà capitano e suo referente sul rettangolo di gioco.
Il Celtic, dopo 12 anni di attesa, rivince finalmente il titolo, conquistando anche la Coppa di Lega. Sempre in quella stagione gli “Hoops” arrivano fino alla semifinale di Coppa delle Coppe dove affrontano il Liverpool di Bill Shankly.
Saranno due partite bellissime ed equilibrate.

Dopo la vittoria al Parkhead dell’andata per uno a zero il Celtic sta perdendo all’Anfield Road per due reti a zero quando Bobby Lennox, a 4 minuti dalla fine, segna il gol che avrebbe portato gli uomini di Stein in finale contro il Borussia Dortmund.

Il gol, però viene annullato per un quanto mai dubbio fuorigioco, tra le veementi proteste dei giocatori del Celtic.
“Pur nella delusione per questa decisione secondo noi sbagliata credo che quell’ingiustizia ci diede ancora più carica e consapevolezza e fu fondamentale nel trionfo della stagione successiva in Coppa dei Campioni” dirà lo stesso Stein parlando di questo episodio.

Proprio nel maggio successivo arriva il grande trionfo di Stein e del Celtic F.C.
In finale a Lisbona Jimmy Johnstone e compagni si trovano ad affrontare l’Inter del mago Herrera, alla ricerca del terzo titolo in quattro stagioni. Finirà due a uno per gli scozzesi che nel secondo tempo metteranno in mostra un calcio offensivo di primissima qualità e vincendo la resistenza della fortissima retroguardia nerazzurra.
Universalmente conosciuta la particolarità di quegli undici schierati a Lisbona quel giorno: tutti nati nel raggio di 30 miglia da Glasgow …

Quel giorno non solo nacque la leggenda dei “Lisbon Lions” ma come disse il manager del Liverpool Bill Shankly a Stein “Amico mio, da oggi sei immortale !”

L’inizio di Stein alla guida della Nazionale scozzese fu tutt’altro che un successo. Dopo aver fallito la qualificazione agli Europei del 1980 arrivano per lui molte critiche dai media.
Stein non si scompone e continua a lavorare su quello che è l’obiettivo dichiarato: la qualificazione ai Mondiali di Spagna del 1982.
Obiettivo raggiunto alla grande anche se, come tradizione scozzese, in Spagna c’è la terza consecutiva uscita al primo turno, anche se contro due eccellenti team come il Brasile e l’URSS.

Stein rimane ovviamente sulla panchina scozzese anche per le qualificazioni al Mondiale successivo, quello in Messico del 1986.
In squadra sono arrivati grandi talenti come il capitano del Celtic Paul Mc Stay, l’attaccante dell’Arsenal Charlie Nicholas, l’ala Davie Cooper dei Rangers e al centro dell’attacca c’è un biondino vivacissimo e scaltro che si chiama Mo Johnston, anche lui del Celtic.

Saranno suoi i primi due gol nella vittoria contro la Spagna che si riveleranno decisivi per la conquista del posto utile per i Mondiali messicani, anche se nelle ultime partite di qualificazione arrivano due sconfitte contro la Spagna in trasferta e proprio contro il Galles in casa.
Si arriva così all’ultima partita del girone.
Si gioca in Galles, al Ninian Park di Cardiff.

In palio c’è il secondo posto nel girone e l’accesso ai play-off contro la vincente del girone Oceanico.
Due risultati buoni per gli scozzesi (pareggio e vittoria) e uno solo per i Gallesi che sognano la qualificazione al loro secondo mondiale della storia dopo quello in Svezia del 1958.
Quando mancano meno di dieci minuti alla fine però il risultato favorisce i gallesi, in vantaggio grazie al gol di Mark Hughes.

Ne mancano ancora meno quando alla Scozia viene assegnato il rigore che può cambiare le sorti del match e della qualificazione per i prossimi Mondiali.
Davie Cooper, la talentuosa ala dei Rangers di Glasgow, va sul dischetto.
Il suo tiro trova l’angolo alla sinistra di Neville Southall e finisce in fondo alla rete.
E’ il gol che permette agli scozzesi di andare ad affrontare da favoriti lo spareggio con l’Australia, vincitrice del girone Oceanico.

Al fischio finale sembra potersi scatenare la festa degli scozzesi ma accade purtroppo qualcosa che cambierà diametralmente il ricordo di quella serata.
Jock Stein ha un attacco cardiaco qualche istante dopo il fischio finale. Viene portato negli spogliatoi a braccia. Nelle ultime immagini appare cosciente.

In realtà subirà un altro attacco cardiaco pochi minuti dopo che gli sarà fatale.
La Scozia vincerà lo spareggio contro l’Australia qualificandosi per i mondiali messicani.
Sulla panchina della sua Nazionale siederà colui che era il suo assistente in quella tragica sera a Cardiff … Alex Ferguson.