E’ il 1980.

Dopo 14 stagioni di completa autarchia, decise dalla Federazione Italiana Gioco Calcio dopo la disfatta ai Mondiali inglesi del 1966, (quelli di Pak Doo Ik e della Corea del Nord per intenderci) vengono riaperte le frontiere.

Niente di troppo rivoluzionario.

Un giocatore per squadra concesso e solo per le squadre di Serie A.

La Juventus è la squadra che in questi anni ha dato la spina dorsale ad una delle Nazionali più belle della nostra storia calcistica: quella del 1978 ai Mondiali di Argentina.

Zoff, Gentile, Cabrini, Cuccureddu, Scirea, Benetti, Causio, Tardelli e Bettega hanno fatto parte di quella spedizione e tranne Cuccureddu sono praticamente tutti titolari.

Nei due campionati successivi a quella meravigliosa estate argentina i risultati però non però all’altezza delle aspettative della dirigenza bianconera e del suo popolo.

Un 3° posto prima e un 2° nella stagione successiva non sono certo i risultati attesi da società e tifosi, abituati da sempre ad eccellere soprattutto in campo nazionale.

Boniperti e Trapattoni però hanno ben chiare le priorità: ad una squadra già fortissima per almeno 9/11mi mancano due giocatori per fare il salto di qualità definitivo.

Un centravanti vero, un bomber da area di rigore capace di sfruttare i cross del “barone” Causio e le sponde e la grande intelligenza tattica di Bettega e un uomo con fosforo e visione di gioco da piazzare in cabina di regia.

La Juve ha scelto.

Il centravanti sarà Paolo Rossi, n° 9 nella spedizione in Argentina e che proprio con Bettega ha già costruito un’intesa quasi telepatica facendoli diventare i due indiscussi attaccanti titolari della Nazionale di Bearzot.

Ma c’è un problema.

Un grosso problema.

Nella stagione precedente Paolo Rossi è rimasto coinvolto nella torbida vicenda del calcio scommesse e, pur avendo avuto una parte decisamente minore e secondaria, Rossi pagherà con due anni di squalifica il suo coinvolgimento.

La Juve al momento non ha un piano B. Giocherà con Bettega come centravanti e ci saranno 3 giocatori a contendersi il ruolo di ali: Franco Causio, Pietro Fanna e Domenico Marocchino.

Per l’altro ruolo da coprire invece non ci sono problemi.

La scelta ricade su Liam Brady, irlandese regista dell’Arsenal e protagonista, pochi mesi prima di una delle più cocenti delusioni della storia calcistica della “Vecchia Signora”.

Si gioca la semifinale della Coppa delle Coppe. All’andata i bianconeri sono usciti dalla bolgia di Highbury con un eccellente 1 a 1.

La partita di ritorno al Comunale dovrebbe essere poco più di una formalità considerando il favorevole risultato dell’andata e l’evidente divario tecnico fra le due squadre.

In realtà è proprio a centrocampo dove la Juve si accorge di non avere nessuno in grado di dettare i tempi di gioco come invece è in grado di fare il mancino dei “Gunners” londinesi.

La beffa arriverà a 3 minuti dalla fine grazie ad una zuccata del giovanissimo Paul Vaessen, imbeccato da uno splendido cross dell’altro talentuoso mancino dell’Arsenal Graham Rix.

Brady ha convinto tutti.

Società e futuri compagni.

E’ l’uomo giusto a cui affidare la maglia numero 10 della Juventus.

A questo si aggiunge il fatto che Liam è in scadenza di contratto con l’Arsenal e anche se nell’era “pre-Bosman” la cifra pagata della Juventus (circa 500 milioni delle vecchie lire) è davvero irrisoria per un calciatore del valore del piccolo centrocampista irlandese.

Qualche remora comunque c’è ed è dovuta essenzialmente al fatto che i calciatori britannici in passato hanno fatto molta fatica ad integrarsi nel nostro calcio.

Praticamente tutti tranne “il gigante buono” John Charles che, proprio alla Juve con l’argentino Omar Sivori, seppe formare una delle coppie più affiatate, complementari e devastanti di tutta la storia della nostra serie A.

Liam Brady però non solo è una persona intelligente, dentro e fuori dal campo.

Liam Brady è IRLANDESE e con i britannici non ha niente a che spartire !

“Chippy” (questo il soprannome di Brady dovuto alla sua smisurata passione per il “fish & chips”) si butta a capofitto nelle lezioni di italiano e fin dai primi giorni di ritiro colpisce favorevolmente compagni e staff per la sua gentilezza, per la sua educazione e per la sua umiltà.

Il calcio italiano è un altro mondo rispetto al calcio inglese di allora.

Calcio inglese che dominava in Europa grazie a Liverpool prima e ora al Nottingham Forest ma dove il calcio è arrembante, poco speculativo e giocato sempre e solo alla massima velocità.

Di contro il calcio italiano è ancora prettamente difensivo, molto organizzato e giocato a ritmi molto più lenti almeno fino alla trequarti avversaria.

Brady però, dopo poche settimane di adattamento, dimostra di trovarsi a suo agio e anzi, quel secondo in più a disposizione con la palla tra i piedi gli permette di distribuire il gioco con ancora maggiore precisione, lucidità e criterio.

Rispetto ai tempi dell’Arsenal arretra di qualche metro la sua posizione, riduce un tantino le sue famose percussioni palla alla piede e diventa invece l’autentico metronomo delle manovre juventine.

Tutto questo però non impedisce all’irlandese di finire la stagione come il miglior realizzatore degli juventini con 8 reti e soprattutto di contribuire in maniera determinante alla conquista dello scudetto per i colori bianconeri dopo due stagioni di digiuno.

La stagione successiva è ancora di ottimo livello.

Assorbita la delusione dell’uscita dalla Coppa dei Campioni al secondo turno per opera dei belgi dell’Anderlecht (con il grave infortunio a Roberto Bettega che rimarrà indisponibile per tutto il resto della stagione) la Juventus si getta anima e corpo nel campionato.

Rivale nella lotta per il titolo fino all’ultima giornata sarà la rivelazione Fiorentina.

I Viola, allenati da Giancarlo De Sisti, giocano una stagione fantastica.

Ciccio Graziani e l’argentino campione del mondo Daniel Bertoni formano una coppia d’attacco eccellente, in regia c’è Giancarlo Antognoni (che salterà però metà campionato dopo il terribile scontro con il portiere geonano Martina) e in difesa c’è il giovane e fortissimo Pietro Vierchwood.

La Juventus sta cambiando pian piano pelle.

E’ arrivato Bonini dal Cesena al posto dell’ormai “anziano” Furino, Causio è stato ceduto all’Udinese e in attacco c’è un trio di giocatori giovani e di scarsa esperienza ai più alti livelli.

Sono Marocchino, Galderisi (diventato titolare dopo l’infortunio di Bettega) e Virdis che si sta finalmente integrando negli schemi juventini dimostrando appieno le sue eccellenti doti.

Liam Brady è il “faro” riconosciuto della squadra.

Trapattoni ne esalta le doti di leadership e al contempo la grande umiltà e professionalità.

Ad un paio di settimane dal termine del campionato arriva una notizia che sorprende più di un osservatore: il 30 aprile, proprio nell’ultimo giorno possibile per il tesseramento di un giocatore straniero la Juventus annuncia l’acquisto del fuoriclasse francese Michel Platini.

La notizia è una vera è propria bomba.

Pochi giorni prima lo stesso Boniperti aveva annunciato che con il tesseramento del polacco Boniek la Juventus, sul fronte stranieri, era a posto.

Ma l’avvocato Agnelli si è innamorato perdutamente di questo giocatore in occasione dell’amichevole di Parigi tra Francia e Italia del febbraio di quello stesso anno dove Michel Platini incanta tutti con una prestazione sublime.

… e se l’Avvocato si innamora … il matrimonio si fa !

C’è un problema però: con Boniek già tesserato c’è uno straniero di troppo.

A Liam Brady viene comunicato il giorno dopo che sarà lui a dover lasciare i bianconeri.

Brady accoglie la notizia con le lacrime agli occhi.

Saranno molti i suoi compagni a non capire questa scelta.

L’irlandese non solo ha portato quegli equilibri, quella tecnica e quella visione di gioco che mancavano al centrocampo della Juventus ma ha saputo farsi amare per la sua semplicità, la sua simpatia e, cosa non da poco, per l’impegno incredibile messo per imparare l’italiano.

Si arriva così all’ultima giornata di campionato.

Juventus e Fiorentina sono appaiate a 44 punti e per entrambe due trasferte insidiose.

Ma mentre la Juventus farà visita ad un Catanzaro autore di una grande stagione e assolutamente tranquillo a metà classifica ad attendere la Fiorentina c’è un Cagliari non ancora matematicamente salvo.

Gli isolani giocano una partita ordinata, difendendosi senza troppi patemi contro una Fiorentina nervosa e poco lucida. Anche a Catanzaro la Juventus fa fatica ad imporre il proprio gioco contro la ordinata difesa del Catanzaro.

Si va negli spogliatoi sullo 0 a 0.

Nella ripresa le emozioni non mancano.

L’Italia è incollata alle radioline.

Il rimbalzo continuo tra le voci di Enrico Ameri da Catanzaro e di Sandro Ciotti da Cagliari a “Tutto il calcio minuto per minuto” entrerà nella leggenda di questa storica trasmissione.

Al 15mo del secondo tempo è Ciotti a chiedere la linea.

Ciccio Graziani, con un preciso tocco al volo su un cross di Antognoni, deposita la palla in fondo al sacco.

Potrebbe essere la rete decisiva, quella che riconsegna alla Fiorentina lo scudetto dopo un digiuno lungo 13 anni.

L’arbitro Mattei vede però un fallo di Bertoni sul portiere cagliaritano Corti e annulla la rete ai viola.

Restando così le cose si andrà comunque ad uno spareggio, anche se c’è ancora tanto tempo da giocare.

Si arriva così alla mezz’ora con le due contendenti per il titolo ancora inchiodate sul pareggio a reti bianche.

Quando Ameri chiede la linea da Catanzaro.

“C’è un calcio di rigore per la Juventus. Fallo di mano del difensore del Catanzaro Celestini su una conclusione di Fanna a colpo sicuro”. L’Italia intera trattiene il fiato.

Le cose non erano molto diverse da adesso.

I tifosi della Juventus da una parte … e il resto d’Italia a tifare Fiorentina.

I giocatori della Juventus vanno ad abbracciare Fanna e si congratulano fra di loro PRIMA ancora che il rigore venga calciato.

Nessun dubbio su chi prenderà in mano il pallone e lo posizionerà sul dischetto.

Si, proprio lui, Liam Brady a cui meno di due settimane prima è stato detto di essere “di troppo”.

Metà Italia fa gli scongiuri e spera che l’irlandese voglia in qualche modo vendicarsi dell’ingiusto trattamento ricevuto.

Quel pensiero magari passa nella testa anche di qualche tifoso juventino.

Il più tranquillo di tutti pare proprio Brady.

Anche se dagli spalti sta piovendo di tutto.

Anche se qualche giocatore del Catanzaro gli sposta il pallone o prova a scavare una piccola buca davanti ad esso.

Anche se passa oltre un minuto prima che il rigore possa essere calciato.

Liam prende la rincorsa. Tre passi. Piatto “aperto” e palla alla destra di Zaninelli che invece va dall’altra parte.

E’ il gol decisivo.

Il gol scudetto. La Juventus metterà la doppia stella sulla maglia.

E dirà grazie a questo “gentiluomo” venuto da Dublino.

Brady è pronto per tornare a giocare in Inghilterra.

Non esiste nessuna squadra di vertice che non farebbe carte false per riaverlo.

La moglie però si è innamorata dell’Italia.

Chiede a Liam di rimanere … lui accetta di buon grado.

Per uno come lui le pretendenti non mancano di certo.

Giocherà due eccellenti stagioni a Genova (sponda blucerchiata) altre due sempre di buon livello a Milano (sponda nerazzurra) e un ultima, tribolata stagione ad Ascoli dove un “signore” come lui deve andarsene perché pare che avere il proprio stipendio dal presidente Costantino Rozzi non sia così semplice come dovrebbe essere.

Torna in Inghilterra nel 1987, al West Ham dove chiuderà la carriera, con l’unica grande delusione legata alla sua adorata Irlanda dove, dopo essere stato per anni il punto riferimento assoluto, non riuscirà mai a giocare anche un solo minuto in una grande competizione internazionale, ne agli Europei del 1988 ne tantomeno ai Mondiali Italiani del 1990.

Un amore mai sbocciato tra lui e il nuovo allenatore dei verdi d’Irlanda Jack Charlton glielo ha impedito.

Ma dovunque sia andato su William Brady da Dublino tutti sono concordi su una cosa: che nel calcio, di “Signori” come lui, non se ne sono visti molti.