Jean-Pierre Adams ha smesso di giocare a calcio da meno di un anno. La sua non è stata una carriera banale. Ha giocato nel Paris Saint-Germain, nel Nizza e nel Nimes, tutte squadre importanti del campionato francese di Prima Divisione.

Ma ha giocato soprattutto 22 partite con la Nazionale del suo paese adottivo formando con Marius Tresor, uno dei difensori centrali più forti della storia del calcio, la famosa “Garde Noire”, la “Guardia Nera” con evidente riferimento al colore della pelle di entrambi.

Adams ama il calcio.

Il calcio è stato la sua ancora di salvezza.

Arrivato in Francia dal Senegal con la nonna in occasione di un pellegrinaggio religioso a Montargis in questa piccola cittadina del Loiret Jean-Pierre è rimasto, accolto, a soli 8 anni, da una famiglia del posto.

Qui ha iniziato a giocare a calcio scoprendosi davvero capace a tal punto che dopo due stagioni con l’EBFN (che oggi si chiama Racing Club Fontainebleu) una delle squadre dilettantistiche più forti di Francia, arriva per lui il primo contratto professionistico con il Nimes.

Adesso però, a 34 anni, il calcio giocato fa ormai parte del passato.

Jean-Pierre Adams vuol fare l’allenatore.

Non c’è nessuno tra quelli che lo conoscono che non lo ritiene perfetto per quel ruolo.

Ha grande esperienza, doti di leadership conclamate ed è una persona estremamente determinata quanto positiva.

E’ questa la sua strada e in questo che vuole investire il suo futuro.

Si trasferisce a Digione per un prima sessione di un corso per allenatori della durata di una settimana. Al terzo giorno, nel corso di alcuni banali esercizi, sente un forte dolore al ginocchio. Il medico di quel corso è un chirurgo dell’Ospedale Edouard-Herriot di Lione che gli propone un intervento per risolvere velocemente il problema. E’ un intervento di routine, una “pulizia” del ginocchio nella zona del tendine rotuleo.

Jean-Pierre acconsente.

E’ il 17 marzo del 1982.

Quando arriva in Ospedale c’è però qualcosa che non va.

E’ in corso uno sciopero e il personale del reparto ospedaliero è ridotto ai minimi termini.

Si potrebbe tranquillamente rinviare l’operazione, non c’è nulla di così urgente.

Il chirurgo però insiste per procedere e Adams acconsente.

Sarà la decisione che cambierà la sua vita per sempre.

C’è una sola anestesista che deve seguire otto operazioni, addirittura in stanze diverse.

Uno di questi otto è un bambino che versa in gravi condizioni e che ovviamente ha l’attenzione maggiore da parte dell’anestesista e del chirurgo.

Come assistente di sala un ragazzo praticante … che sta ripetendo l’anno del corso di infermeria perché bocciato in quello precedente.

Tutto quello che può andare storto ci va.

Compreso il modo in cui Adams verrà intubato.

Uno dei tubi non sarà un aiuto per la respirazione artificiale durante l’intervento ma andrà addirittura ad ostruire un polmone.

Durante l’operazione e al termine di questa Jean-Pierre Adams rimane per diversi minuti senza ossigenazione al cervello.

Cade in coma.

Sono passati trentotto anni da quale giorno.

Jean-Pierre Adams è ancora in coma, nel suo letto di casa, vegliato dalla moglie Bernardette che non lo ha mai lasciato solo durante tutto questo tempo.

La serie di negligenze, di incapacità e di incompetenza dell’ospedale vengono riconosciute solo dopo un lungo processo, durato più di dieci anni ma al termine del quale viene dichiarata, con la formula del “danno involontario”, la responsabilità dell’Ospedale e a Bernardette Adams e ai due figli la possibilità di vedersi riconosciuta una cifra in denaro sufficiente per potersi occupare in modo adeguato dell’ex-difensore della Nazionale francese.

La storia di Jean-Pierre Adams inizia a Dakar, in Senegal.

Primogenito di una numerosa famiglia, Jean-Pierre ha il calcio nel sangue.

Lo zio Alexandre Diadhiou è stato un eccellente calciatore ed ha militato per diverse stagioni in uno dei Club più famosi del Senegal, il “JEAN D’ARC Club”.

Viene mandato a studiare in Francia e dal collegio dove è ospitato viene preso in affido dalla famiglia Jourdain di Montargis.

Siamo alla fine degli anni ’50 e in Francia l’integrazione è ancora una parola sconosciuta. Sono pochissimi i neri e l’inserimento nella vita sociale della provincia francese non è ne facile ne immediato. Ma la simpatia, la gentilezza e soprattutto la sua grande bravura in tutti gli sport dove si cimenta fanno diventare Jean-Pierre uno degli studenti più popolari e benvoluti del Collegio Saint-Louis dove si guadagna anche lo stranissimo soprannome di “loup blanc” … il lupo bianco.

La sua carriera calcistica, nonostante le riconosciute doti,  stenta però a decollare.

Negli anni dell’adolescenza ha spesso problemi fisici, compreso un grave infortunio ad un ginocchio che pare compromettere seriamente il suo futuro nel calcio.

Quando si riprende nel 1967 inizia a giocare per l’EBFN, una forte squadra dilettantistica di Fontainbleu ma pare proprio che la malasorte non intenda mollare la presa su di lui.

E’ vittima di un incidente automobilistico dal quale uscirà con diverse ferite e nel quale perderà Guy Beaudot, il suo migliore amico.

Quando parte per il servizio militare il calcio sembra aver perso di importanze per il 18enne Jean-Pierre ma è proprio durante questo periodo a servizio del proprio paese che arriva per lui la svolta.

Viene convocato per la nazionale militare francese e le sue prestazioni attirano immediatamente l’attenzione di diverse squadre professionistiche.

Non solo.

Anche nella vita privata sono arrivate novità importanti.

Jean-Pierre ha conosciuto Bernadette, una bella ragazza bionda e con gli occhi azzurri. E’ amore a prima vista.

E’ anche iniziato il 1968 e un’unione che sarebbe stata vista come inaccettabile solo qualche mese prima è ora, pur fra mille difficoltà, accettata e compresa in un mondo che sta rapidamente cambiando.

L’inizio non è comunque facile. I genitori di Bernadette non sono esattamente entusiasti dell’unione della figlia con questo ragazzo africano che “spera di diventare un calciatore”.

Bastano poche settimane e Jean-Pierre conquista tutti, con la sua simpatia contagiosa, con i suoi modi educati e la sua grande generosità.

Alla fine del servizio militare è il Nimes a farsi avanti con maggiore decisione per questo promettente ragazzo.

Il celebre allenatore del Nimes Kader Firoud (solo il grande Guy Roux all’Auxerre ha seduto più volte su una panchina professionistica di Firoud) lo convoca per visionarlo in un’amichevole contro il Rouen.

Quello che vede il manager del Nimes è più che sufficiente per offrire a Jean-Pierre Adams il suo primo contratto da professionista.

Nel settembre del 1970, a 22 anni, Jean-Pierre Adams fa il suo esordio con il Nimes a Reims. Non uscirà più dalla prima squadra diventando in breve una delle colonne portanti di un team che sta per diventare uno dei più forti di Francia.

Già alla prima stagione con i “Coccodrilli” arriverà un clamoroso quarto posto in classifica che varrà la prima qualificazione ad una competizione europea per il Club.

Il Nimes uscirà al primo turno contro il portoghesi del Vitoria Setubal ma solo grazie alla regola dei gol segnati in trasferta.

La stagione successiva sarà una delle più importanti nella storia del Club dell’Occitania.

Gli uomini di Kader Firoud ingaggiano un duello per il titolo di Ligue 1 contro l’Olympique Marsiglia di Skoblar e compagni e solo un improvviso calo di rendimento nel mese di marzo (due soli punti in quattro incontri) precludono a Jean-Pierra Adams e al Nimes la possibilità di mettere le mani sul trofeo.

Le eccellenti prestazioni di Adams al centro della difesa attirano l’attenzione dell’allenatore della Nazionale di Francia Georges Boulogne che lo convoca per il prestigioso torneo internazionale “Taça Independencia” che si disputa in Brasile al termine della stagione.

Adams fa il suo esordio nel match contro la rappresentativa africana entrando al posto di Marius Tresor a meno di un quarto d’ora dal termine.

Cinque giorni dopo, per il match contro la Colombia, Jean-Pierre Adams viene schierato al centro della difesa e nonostante l’avvio non esaltante (commetterà il fallo da rigore con cui i colombiani passeranno in vantaggio) giocherà una partita di alto livello.

In quella successiva lui e Marius Tresor metteranno la museruola agli attaccanti argentini Carlos Bianchi e Oscar Mas.

Quella sera nascerà la “garde noire”, riferita alla coppia di centrali di colore della Nazionale francese che verrà ben presto considerata una delle più forti e impenetrabili di tutto il calcio europeo.

Dopo un’altra stagione al Nimes per Jean-Pierre Adams arriva la chiamata del Nizza.

Squadra ambiziosa e luogo incantevole dove vivere con Bernadette e i due figli Laurent e Frèdèric arrivati da poco in famiglia.

Anche con il Nizza sfiorerà il titolo.

Accadrà nella stagione 1975-1976 dove “Les Aiglons” arriveranno a sole tre lunghezze dal grande Saint Etienne, in quel periodo una delle più forti squadre europee.

Nella successiva stagione però i ripetuti guai fisici inizieranno a tormentare sempre di più il forte difensore nato in Senegal il 10 marzo del 1948.

Al termine di quella stagione sarà il Paris Saint-Germain dell’ambizioso presidente Daniel Hechter a richiedere i suoi servigi.

Spendere però non vuol dire ottenere trofei.

Per il PSG arrivano due mediocri campionati di metà classifica e per Adams la sensazione che il declino sia ormai iniziato.

D’altronde per un calciatore che ha fatto della forza fisica, della rapidità e dell’agilità le sue armi principali il mix “età che avanza più guai muscolari” diventano un nemico inesorabile.

Al termine della stagione 1978-1979 il PSG decide di prescindere dalle sue prestazioni.

Jean-Pierre Adams si trasferisce al Mulhouse ma al termine di quella stagione capisce che il calcio professionistico è diventato per lui proibitivo.

Dopo la parentesi con i dilettanti del FC Chalon Adams decide di appendere le scarpe al chiodo. Allenare, magari iniziando da un settore giovanile, è adesso il suo obiettivo, in cui mette anima e corpo.

… fino al fatidico incontro con quel chirurgo a Digione, la conseguente disastrosa operazione e il resto della vita passato su un letto, seguito dalle amorose cure di Bernadette che non lo ha mai abbandonato un istante.

ANEDDOTI E CURIOSITA’

Kader Firoud, il primo allenatore professionista di Adams e considerato uno dei preparatori atletici più intransigenti di tutta la storia del calcio francese, dirà del difensore senegalese che “più gli allenamenti diventavano duri più lui si divertiva. Non ho mai visto tanta energia e volontà in un calciatore in tutta la mia carriera”.

Alla sua prima stagione con il Nimes arriverà un prestigioso quarto posto finale e la qualificazione alla Coppa UEFA della stagione successiva. Il Nimes uscirà come detto al primo turno. Dopo la sconfitta in Portogallo per una rete a zero arriverà la vittoria interna per due reti ad una, non sufficiente però a qualificare i “Coccodrilli” per il turno successivo. La rete della vittoria in quello storico incontro sarà firmata proprio da Jean-Pierre Adams.

La sua elevazione e il suo coraggio in area di rigore sono state una importante risorsa in più per le squadre in cui Adams ha militato. Da ragazzino aveva cominciato da attaccante e la capacità nel trovare la porta avversaria è sempre stata una sua prerogativa.

Nella sua prima stagione al Nizza segnerà la bellezza di nove reti, arrivando complessivamente a quota 17 nel suo soggiorno sulla Costa Azzurra.

La sua prestazione più memorabile in Nazionale è stata sicuramente quella del 13 ottobre 1972. Al Parco dei Principi si gioca Francia – URSS per le qualificazioni ai Mondiali di Germania.

La Francia vincerà per una rete a zero (gol su punizione di Georges Bereta) e Jean-Pierre Adams sarà insuperabile al centro della difesa francese insieme al suo collega della “Guardia Nera” Marius Tresor.

E’ in quel periodo che arriverà la consacrazione della coppia addirittura da Franz Beckenbauer che li definirà “una delle coppie di difensori centrali più forti e meglio assortite del continente”.

Uno dei più grandi estimatori di Jean-Pierre Adams è stato senz’altro il nazionale argentino Angel Marcos, attaccante del Nantes nella prima metà degli anni ’70.

“Quelle contro di lui erano per me le due partite più difficili dell’anno. Adams era un fascio di muscoli con una agilità impressionante. Credevi di averlo dribblato e invece te lo trovavi sempre davanti. E scontrarsi con di lui era come andare contro un muro”.

La moglie Bernadette ricorda gli inizi del loro rapporto. “Mia madre in modo particolare non ne voleva sapere della nostra relazione. Ci volle del tempo per farle accettare di incontrare Jean-Pierre per la prima volta. Venne a casa nostra, dette una mano in cucina a mia madre e poi rimase a parlare amabilmente con i miei genitori per tutto il pomeriggio. Nel giro di poche settimane era diventato l’idolo della famiglia”.

“Andrà tutto bene Bernadette. Mi sento in gran forma !”.

Queste le ultime parole che la moglie ricorda di quel maledetto giorno.

Racconterà che con il passare delle ore la sua ansia cresceva continuamente e che dall’ospedale si degnarono di rispondere solo alla quarta telefonata.

“Venga in ospedale signora. C’è stato un problema” fu quello che si sentì dire Bernadette Adams.

Dopo qualche giorno Jean-Pierre viene trasportato all’ospedale di Chalon ma la situazione non cambia. Anzi. A Jean-Pierre viene riscontrata una infezione in una delle piaghe da decubito che si sono formate. A questo punto Bernadette esplode.

Decide di portare il marito a casa e di prendersi cura di lui.

In attesa degli sviluppi della causa contro l’ospedale ci sono continui attestati da parte di diverse personalità del calcio francese.

C’è la Federazione che riconosce alla famiglia di Jean-Pierre un assegno mensile, ci sono gli aiuti delle ex-squadre di Adams e ci sono partite amichevoli organizzate da Platini, Zidane e Papin che non hanno mai fatto mancare il loro appoggio economico a Bernadette.

La stanza dove Jean-Pierre verrà ribattezzata da Bernadette “la stanza del bellissimo atleta dormiente”.

Sono passati più di 38 anni da allora e Bernadette è sempre lì, al fianco dell’uomo che ha amato.

Sperando in un miracolo che non è mai arrivato.

“Mi sembra che il mondo si sia fermato in quel giorno di marzo. I miei figli voglio che facciano la loro vita. A Jean-Pierre basto io. Anche se non credo di aver passato più di dieci notti lontane da lui dal giorno di quella maledetta operazione”.

Nella stanza di Jean-Pierre c’è una piccola televisione.

Sullo schermo incontri di calcio senza soluzione di continuità.

I neurologi e i dottori hanno detto a Bernadette di mostrarle immagini di quello che amava di più, sperando che in qualche parte del suo cervello qualcosa si risvegli.

E a Bernadette di continuare a parlargli, andando a frugare nei ricordi di una vita insieme troppo breve …

Qualcuno ogni tanto parla a Bernadette di eutanasia.

“Jean-Pierre non può parlare. Ma se avesse deciso di morire me lo avrebbe fatto capire. E fino ad oggi non è mai successo”.